“Vi è il rischio che le regioni del Nord diventino più ricche e che quelle del Sud si impoveriscano non disponendo di risorse adeguate per finanziare la spesa pubblica”
Il disegno di legge sull’Autonomia differenziata ha iniziato il suo iter in Senato non senza sollevare timori tra i cittadini e gli imprenditori delle regioni del Mezzogiorno. Economisti e sociologi mettono in guardia sulla necessità di tutelare la parte del Paese più debole dal rischio di relegarlo ad una discesa inarrestabile.
“Una situazione che richiede unità di visione e coesione da parte di tutte le forze politiche di governo e di opposizione – afferma Leonardo Giangrande, presidente provinciale di Confcommercio Taranto – in difesa del diritto della gente del Mezzogiorno di vivere in un Paese che garantisca a tutti i cittadini i livelli essenziali delle prestazioni.
L’articolo 3 della Costituzione Italiana stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla Legge, ed in nome di questo diritto su cui è fondata la nostra Repubblica, chiediamo che si governi per gradi un processo che senza il federalismo fiscale spaccherà ancora di più il nostro Paese, penalizzando ancora una volta il Sud già notoriamente arretrato sul fronte sanità, istruzione, trasporti, energia.
Vi è il rischio concreto – sottolinea il presidente provinciale di Confcommercio Taranto – che con il processo separatista le regioni del Nord, già ricche, diventino ancora più ricche e che quelle del Sud si impoveriscano non disponendo di risorse adeguate per finanziare la spesa pubblica. La cosiddetta ‘secessione dei ricchi’ a vantaggio di poche regioni, effettuata senza finanziare i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) che garantiscano un welfare che dia di più a chi ha bisogno, è la strada certa per disegnare un’ Italia ancora più divisa e debole anche difronte all’Europa. Vogliamo una nazione unita non solo sulla carta geografica, ma sul piano delle opportunità di sviluppo e di crescita economica di tutto il Paese. Non diciamo no all’Autonomia, ma non prima di aver appianato le disparità tra le diverse aree del Paese.
Ed infine – conclude Giangrande – una riflessione che riguarda Taranto, la città martire d’Italia. A questo punto chiedo di capire perché se si vuole avviare d’amblèe un processo di autonomia delle regioni, sottovalutando il concreto rischio di frattura del Paese, città come Taranto vengano sacrificate poi sull’altare della nazione ed in nome del bene comune del Paese. Siamo o non siamo un’Italia Unita?”