Casartigiani Taranto denuncia una crisi profonda e ormai strutturale in cui versa una delle infrastrutture più strategiche del Mezzogiorno
“Quale futuro attende il Porto di Taranto?” È questa la domanda che Casartigiani Taranto rivolge al sistema dell’Autorità Portuale e a tutte le istituzioni coinvolte, denunciando senza mezzi termini la crisi profonda e ormai strutturale in cui versa una delle infrastrutture più strategiche del Mezzogiorno. “I dati parlano chiaro: – si legge in una nota – il traffico merci è in caduta libera. Crollano le merci convenzionali, i container sono ormai pari a zero, assenti le attività ro-ro e il trasporto ferroviario. Le navi in arrivo segnano un -22,4%, quelle in partenza un -13,9%. Persino il turismo da crociera, che in passato aveva dato qualche segnale positivo, registra un calo del 3,1%.”
Questa situazione, a detta di Casartigiani, “è il risultato diretto di politiche concessorie sbagliate, che hanno isolato Taranto dai grandi traffici commerciali e hanno privato il territorio di un indotto solido e competitivo. Non c’è importazione né esportazione: in queste condizioni, ogni investimento rischia di essere sterile e il porto appare senza prospettiva. Le radici di questa crisi affondano nell’uscita di Evergreen dal Molo Polisettoriale, una ferita mai rimarginata: oltre 327 lavoratori ex TCT sono ancora in cassa integrazione, mentre altre maestranze di aziende portuali attendono da anni una concreta prospettiva occupazionale.”
Di fronte a questo scenario, per Casartigiani, non si può più restare inerti. Occorre aprire immediatamente un tavolo istituzionale con il sindaco di Taranto, il presidente della Provincia e il commissario straordinario dell’Autorità Portuale: «È necessario, una volta per tutte, – aggiunge il segretario generale provinciale Stefano Castronuovo di Casartigiani Taranto – chiarire quale sia la visione e quali strategie concrete si intendano mettere in campo per restituire al porto la funzione che merita. La ripartenza non può limitarsi a un mero rilancio delle concessioni portuali: serve un progetto di sviluppo integrato, capace di far crescere attorno al porto manifattura, logistica avanzata e presidi imprenditoriali. Senza imprese insediate nell’area retroportuale, senza un tessuto produttivo che trasformi e valorizzi le merci, il porto rischia di restare solo una banchina vuota».
Per questo l’associazione dei datori di lavoro rilancia la necessità di incentivi e agevolazioni fiscali per attrarre imprese e start-up nei settori manifatturieri e logistici legati alle attività portuali; sburocratizzazione e semplificazione delle procedure, per rendere davvero competitiva l’area portuale e retroportuale di Taranto rispetto agli altri scali del Mediterraneo; politiche di sostegno all’imprenditorialità locale, per favorire la nascita di nuovi presidi artigiani, PMI e cooperative che possano fornire servizi, manutenzioni, logistica e innovazione; piani formativi mirati per ricollocare i lavoratori ex TCT e per rafforzare le competenze dei giovani, collegando la scuola e la formazione professionale alle esigenze reali del porto e delle filiere produttive.
«Non si può più navigare a vista – conclude Castronuovo –. Il porto deve tornare a essere un motore di crescita e di lavoro, non solo un simbolo di occasioni perdute. Il futuro del porto è il futuro della città: senza una direzione chiara, muore il porto e con esso muore un pezzo fondamentale di Taranto. È il momento di scegliere se rassegnarsi alla decadenza o investire davvero in una nuova stagione di sviluppo».