Secondo l’associazione servono scelte coerenti con l’obiettivo della rapida chiusura degli impianti del ciclo integrale e dell’uso di energia rinnovabile per alimentare i forni elettrici
“L’intesa di martedì sul futuro dell’ex Ilva di Taranto, se da un lato sancisce la scelta dello stop al carbone e della progressiva chiusura degli impianti dell’attuale area a caldo, dall’altro non ne scandisce i tempi, né dice nulla in merito all’approvvigionamento energetico e, in particolare, all’uso di energia pulita che dovrebbe essere alla base di una futura totale decarbonizzazione dello stabilimento” dichiarano in una nota congiunta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, Daniela Salzedo, presidente di Legambiente Puglia, e Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto. “Il Governo, infatti, non assume alcun impegno volto a promuovere e facilitare gli investimenti sulle fonti rinnovabili, indispensabili per una effettiva decarbonizzazione degli impianti del siderurgico, e – in generale – si rimanda il tema dell’approvvigionamento energetico – uno dei nodi principali da affrontare- a quando sarà trovato un acquirente per il sito di Taranto e per gli altri del gruppo, sia unitariamente che separatamente, nell’ipotesi non più remota di un possibile ‘spacchettamento’.
A tale proposito Legambiente ritiene che occorra lavorare da subito per giungere ad una futura alimentazione elettrica basata sull’uso di fonti rinnovabili anche per i forni elettrici prevedendo la progressiva dismissione delle centrali oggi in parte alimentate dai gas d’altoforno.”
“Si rimane quindi in attesa, a distanza di un anno dal primo bando, di un effettivo piano industriale proposto dagli eventuali acquirenti e di comprendere che ruolo avrà lo Stato nel futuro del siderurgico jonico. Stiamo quindi parlando di una sorta di premessa ad un possibile accordo di programma i cui contenuti concreti rimangono ancora troppo vaghi. Legambiente resta convinta che la totale decarbonizzazione del sito di Taranto possa essere terminata entro il 2030 e vada ovviamente iniziata quanto prima, parallelamente allo spegnimento degli impianti del ciclo integrale” aggiungono i presidenti nazionale, regionale e tarantino di Legambiente “Nel frattempo, al Governo ed alla azienda chiediamo scelte coerenti con gli obiettivi sottoscritti: non si possono investire decine e, forse, centinaia di milioni di euro per il rifacimento di impianti, come l’altoforno 1 fermo in seguito al grave incidente che ne ha comportato il sequestro da parte della magistratura, che si intende chiudere nel più breve tempo possibile”.
“Sugli stessi impianti gravano peraltro le incognite relative alla specifica prescrizione dell’A.I.A. recentemente concessa all’azienda – le cui criticità abbiamo più volte ed in tutte le sedi evidenziato con forza – che prevede che Acciaierie d’Italia debba presentare, improrogabilmente entro 3 mesi, all’Istituto Superiore di Sanità per le relative valutazioni, l’aggiornamento dello studio di valutazione dell’impatto sanitario, integrato con i dati che finora non ha fornito relativi alle emissioni degli inquinanti NO2 ed SO2, alle emissioni della centrale termoelettrica, alla valutazione per esposizione cutanea per gli arenili, alle valutazioni degli scenari di esposizione in zone ricreative. e prevede che in caso di mancata trasmissione di tutta la documentazione richiesta o di parere negativo da parte dell’ISS, siano avviate le procedure volte alla chiusura dell’azienda se ancora inadempiente.”
Ad Acciaierie d’Italia Legambiente chiede “di fornire i dati richiesti nei tempi indicati” concludono Stefano Ciafani, Daniela Salzedo e Lunetta Franco “Legambiente monitorerà con grande attenzione il rispetto assoluto della prescrizione al fine della tutela, senza se e senza ma, della salute dei cittadini di Taranto: ci aspettiamo che Comune, Provincia e Regione facciano altrettanto”.