“Dovrà essere accompagnata da una politica industriale parallela di investimenti energetici considerevoli a livello nazionale. Per noi la vendita ad un indiano qualsiasi rappresenta semplicemente un Piano B”
“Neanche a Natale il radicalismo ideologico, e le strumentalità politiche, (ri)spuntate come funghi alla vigilia di nuove campagne elettorali, cessa di emettere i propri vagiti. E compromettere, con discutibili considerazioni rilanciate a mezzo stampa, il già precario equilibrio dell’economia tarantina.” Così in una nota gli esponenti di Aigi Taranto.
“Cerchiamo di rimettere in ordine i cocci dei ragionamenti. Ancora una volta. Al pari di una tela che si disfa di notte per poi essere rifatta nel corso del giorno seguente. L’oltranzismo ideologico della transizione green a tutti i costi, senza un solido ancoraggio ai presupposti della fattibilità economica, e della sostenibilità socio-produttiva, sta devastando l’area finanziaria dell’intera Europa.
A risentire maggiormente di questo stato di cose è il settore dell’auto, con i big player costretti a fare vertiginose marce indietro pur di aderire a politiche industriale realistiche e pragmatiche. Politiche che non ledano aspettative e bisogni di cittadini e aziende. – Sottolineano – Taranto è l’emblema italiano, la rappresentazione plastica di questa disputa che privilegia lo scontro al confronto. Qui, in questo lembo di Puglia, i guardiani del tempio, il radicalismo ecologico uscito sconfitto dal passaggio con la storia, non solo manca non comprendendone lo stato avanzato di attuazione dell’ambientalizzazione della fabbrica, ma fallisce gli appuntamenti con piani industriali moderni ed eco-compatibili.
E’ convinzione di Aigi, della nostra associazione, che la decarbonizzazione potrà attuarsi solo con il varo, e la messa a punto, di un Piano A. E cioè: lo stabilimento, con un rilevante intervento dello Stato (si veda l’esempio americano, s’impari da come la più grande economia del mondo, patria del liberalismo, abbia bloccato la vendita di U.S. Stell ai giapponesi di Nippon Steel) possa essere fatto uscire dal coma profondo nel quale è piombato. E raggiungere così la produzione annua di 6 milioni di tonnellate di acciaio. – Prosegue la nota – Soltanto in questo modo, attivati gli anticorpi finanziari propri di una grande fabbrica strategica come l’ex Ilva, conseguite le condizioni di auto sostenibilità, l’impresa potrà essere affidata al mercato con condizioni nuove e innovative. All’insegna dell’assoluta convenienza e attrattività. E, la decarbonizzazione, divenire l’ancoraggio naturale, il presupposto ideale di un ragionamento che non rompa ma costruisca. Decarbonizzazione che dovrà essere accompagnata da una politica industriale parallela di investimenti energetici considerevoli a livello nazionale, soprattutto per quel che concerne lo sviluppo dell’energia nucleare.
La vendita ad un indiano qualsiasi rappresenta, per noi di Aigi, semplicemente un Piano B. E’ altresì imprescindibile il salvataggio (e il rispetto) dell’indotto locale, in quanto depositario del know-how industriale capace di mantenere in vita il complesso organismo siderurgico. – Sottolineano gli esponenti dell’associazione di categoria – Condizione, questa, conseguibile a patto che lo Stato non solo continui a mettere in campo ingenti risorse economiche, ma lo faccio nel più breve lasso di tempo possibile. Ci fa sorridere chi, con demagogici interventi populistici, ha patrocinato emendamenti che prevedevano nell’ultima Finanziaria uno stanziamento di appena 3 milioni di Euro a favore dell’indotto.
Gli addetti del settore sanno bene che, con questa misura, non verrebbe soddisfatta una sola azienda dell’indotto. Serve molto di più. Serve anche che gli spazi vuoti occupati da certa politica vengano riconquistati da tutte le forze economiche e sociali tarantine, che con coraggio finalmente scendano in campo. – Concludono – Abbandonando la propria posizione da spettatori, altrimenti sarà troppo tardi per tutti. Nessuno escluso. Bisogna spazzare le macerie e ricostruire con responsabilità tutto ciò che è stato distrutto, maldestramente, impunemente, nel corso dell’ultimo decennio.”