di Erasmo Venosi
Per una strana ironia della Storia, l’Ilva rischia di chiudere non per le morti e le malattie che ha dispensato e continua a dispensare. No, a farla chiudere e l’insipienza delle nostre classi dirigenti. E la perdurante assenza di un’idea di politica industriale
L’impianto siderurgico tarantino si avvia alla sempre più probabile cessazione di ogni attività, ma non per motivi sanitari, ambientali ma per l’assenza di una proposta seria di politica industriale complessiva.
Il caso Ilva è la prova del nove di una politica industriale inesistente, fatta d’interminabili riunioni al ministero, di tavoli tecnici, e slogan. Appare il ministero indifferente anche rispetto ai dati di Federmeccanica che nell’ultimo rapporto denuncia l’emergenza di una produzione metalmeccanica che nel primo semestre di questo anno segna un meno 4,3% battendo anche il dato negativo medio dell’industria pari al 2,8%.
A rendere critica la situazione l’effetto prodotto dai dazi di Trump fino al 50% su acciaio e alluminio che hanno determinato una contrazione dell’export del 6,1%. Una Italia che sconta la totale assenza di strategia. Al massimo si poteva tollerare una Ilva emblema di un nuovo modo di fare l’acciaio il modello industriale verde. Invece l’inconcludenza regna sovrana a causa della caparbietà di un dicastero probabilmente consigliato da società di consulenza che ha elargito consigli su gestione e orizzonti strategici da perseguire.
La realtà inconfutabile è che a livello di ministero si è dimostrata la incapacità di gestione di dossier di politica industriale. L’ultimo Rapporto della Corte dei Conti, il dato Istat sulla produzione industriale e il posto nella classifica della competitività.
A otto mesi dalla scadenza risulta assegnato l’85% dei fondi ( 164,8 miliardi di euro) ma solo il 30,1% ( 58,6 miliardi) effettivamente speso. Entro agosto del prossimo anno bisogna spendere 135 miliardi dì euro. Questa la situazione aggiornata a settembre 2024 in base ai dati della Corte dei Conti.
Colpisce la ripartizione dei fondi delle PNRR tra le imprese: Nord 60%, Centro 25% e Sud 15%. Davvero nulla si poteva, in termini progettuali, anche di riconversione industriale su Taranto? Sull’assenza di politica industriale davvero insignificante che su 69 Paesi e considerando vari parametri, l’IMD svizzero colloca l’Italia al 43 esimo posto, uno più in basso del 2024, che era uno più in basso del 2023?
Infine appare una narrazione con innominati terzi soggetti industriali, che rileverebbero la ex Ilva e gli altri impianti. Governo garante per Taranto che entro quattro anni otterrà l’impianto per produrre preridotto. Come noto alimenta i forni elettrici. Il governo garantirebbe la fornitura di gas attraverso metanodotti e a prezzi competitivi , per l’impianto e la centrale termoelettrica. Il presidente di Federacciai Gozzi sulla ex Ilva afferma che siamo ai titoli di coda.


