Secondo il report dell’Istat, l’inflazione continua a mietere vittime: l’impoverimento maggiore, nel nostro Paese, riguarda le famiglie con tre o più figli e il Sud
I dati pubblicati nella giornata di oggi dall’Istat sono solo una conferma di quanto emerso negli scorsi mesi: l’inflazione sta contribuendo notevolmente a impoverire gli italiani.
La percentuale di famiglie che vivono nella condizione cosiddetta di povertà assoluta sale dal 7,7% del 2021 all’8,3% del 2022 e riguarda, nello specifico, ben 2,18 milioni di nuclei familiari. Aumenta anche la percentuale degli individui indigenti, ma in maniera meno marcata, passando dal 9,1% al 9,7%, per un totale di 5,6 milioni di persone.
Secondo l’Istat, molti italiani non sono riusciti a tenere il passo con l’inflazione, diminuendo al loro spesa del 2,5%: un sollievo temporaneo ma concreto, che ha contribuito a rallentare l’impoverimento delle famiglie del nostro Paese, deriva dai cosiddetti bonus sociali, utilizzati soprattutto per affrontare le spese derivanti dalle bollette di gas e di energia elettrica, che hanno subito un’impennata considerevole proprio a partire dal 2022.
Ma qual è la distribuzione geografica della povertà in Italia? Anche qui nessuna novità: l’incidenza maggiore delle famiglie povere si attesta nel Mezzogiorno (10,7%, in aumento rispetto al 10,1% del 2021), con un picco dell’11,2% nel Sud. Segue il Nord-Ovest con il 7,2% e il Centro con il 6,4%.
Tra le famiglie povere il 41,4% risiede nel Mezzogiorno (41,7% nel 2021) e il 42,9% al Nord (42,6% nel 2021).
Un altro dato piuttosto ovvio, alla luce dell’attuale contesto socio-economico, è che le famiglie che hanno subito il contraccolpo peggiore sono quelle in cui sono presenti almeno 3 minori: qui la percentuale di povertà assoluta arriva a superare il 22% e si mantiene alta in tutti i nuclei familiari con almeno cinque componenti.
I bambini, purtroppo, rientrano tra le “vittime” maggiori del contesto: nel 2022, infatti, la povertà assoluta in Italia interessa quasi 1 milione 269 mila minori (13,4%, rispetto al 9,7% degli individui a livello nazionale); anche in questo caso si registrano differenze geografiche: l’incidenza varia dall’11,5% del Centro al 15,9% del Mezzogiorno.
Secondo l’Istat, inoltre “rispetto al 2021 la condizione dei minori è stabile a livello nazionale, ma si colgono segnali di peggioramento per i bambini da 4 a 6 anni del Centro (l’incidenza arriva al 14,2% dal 9,3%) e per quelli dai 7 ai 13 anni del Mezzogiorno, per i quali si arriva al 16,8% dal 13,8% osservato nell’anno precedente.
Le famiglie con minori a carico sono anche quelle in cui si attesta maggiormente la povertà relativa: si passa, infatti, dal 4,9% dei single fino ad arrivare al 35% per le famiglie più numerose (di 5 componenti e oltre), nelle quali l’incidenza di povertà relativa è quasi quattro volte superiore alla media nazionale, soprattutto al Mezzogiorno (40%).
A tal proposito occorre precisare che per povertà assoluta si intende, in buona sostanza, una situazione in cui il reddito dei componenti del nucleo familiare non riesce a soddisfare i bisogni primari: bollette, cibo, vestiario ecc. La povertà relativa, invece, riguarda i nuclei che riescono a far fronte a queste necessità, senza però riuscire ad andare oltre: essenzialmente, si tratta di individui (o molto più spesso, come abbiamo visto, famiglie), che non possono permettersi una cena fuori al mese o un paio di vacanze l’anno, che fanno continuamente i conti con le spese per arrivare a fine mese e spesso hanno una percezione della propria situazione economica del tutto negativa e stressante, in quanto il proprio lavoro non permette di andare oltre una certa soglia di benessere.
Interessante, infine, notare che il 45% delle famiglie italiane povere vive in affitto in quanto non possiede una casa di proprietà e che l’impoverimento è inversamente proporzionale al titolo di studio del capofamiglia: se quest’ultimo, infatti, ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore,
l’incidenza è pari al 4,0%, e raggiunge il 12,5% se ha al massimo la licenza di scuola media, in peggioramento rispetto al 2021.
E’ chiaro che il quadro restituito dal report dell’Istat, oltre a fotografare una situazione già abbastanza nota (basti pensare all’allarme sul taglio degli italiani al cosiddetto carrello della spesa, ovvero i generi alimentari di prima necessità), costituisce un punto di partenza da cui prendere le mosse per azioni politiche mirate, che non si fermino alla Social Card una tantum o ad alcune decontribuzioni fiscali.
Per rinforzare il potere d’acquisto delle famiglie e combattere efficacemente quei fenomeni ormai radicati e interconnessi della disoccupazione, specie femminile, e del calo delle nascite, sono fondamentali provvedimenti più incisivi, che restituiscano sollievo nell’immediato e intervengano anche in un arco temporale più lungo e ampio.
L’obiettivo, insomma, è ridare fiducia al futuro degli italiani, attualmente sempre più nero e incerto.