Di Erasmo Venosi
Più che il ministro dell’Industria, siamo al cospetto del ministro della deindustrializzazione italiana. La gestione dei fondi PNRR. La vicenda dell’Ilva. Un disastro su tutta la linea
Il Piano Transizione 5.0 è parte della Misura 7, Investimento 15 “Transizione 5.0” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che prevede un credito d’imposta per le imprese che investono in strutture produttive in Italia. L’obiettivo principale è supportare la transizione verso processi produttivi più energeticamente efficienti, sostenibili e basati su energie rinnovabili. Si rivolge a imprese residenti in Italia. La scadenza era fissata per il 31 dicembre di quest’anno.
Fondamentalmente riguarda sistemi per il monitoraggio e l’efficienza energetica, investimenti in beni materiali per autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, spese per la formazione del personale in tecnologie per la transizione digitale ed energetica. Viene riconosciuto un credito d’imposta alle imprese con l’obiettivo di sostenere la transizione dei processi di produzione verso un modello efficiente sotto il profilo energetico, sostenibile e basato sulle energie rinnovabili.
Ammontano a 6,3 miliardi di euro le risorse finanziarie per la Transizione 5.0. II titolare della gestione di queste risorse? II Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Il ministro, che sta gestendo la questione ex Ilva. Ieri il micidiale colpo di scena, che ha interessato migliaia di imprese italiane che hanno scoperto senza alcun preavviso che, il ministro aveva chiuso il “rubinetto” del piano di transizione 5.0. Era l’unica misura di politica industriale, che consentiva alle imprese di combattere tra dazi, costi energetici e pratiche burocratiche di guardare al futuro con un po’ di ottimismo.
I progetti le aziende li caricavano sul potale del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), per ottenere il credito d’imposta. Sarebbe stato sufficiente un comunicato del ministero retto dall’onorevole Urso o un avviso sul portale con la semplice scritta “indisponibilità di fondi” e migliaia di aziende avrebbero saputo almeno il motivo di come gestire ordini di acquisto e pianificare investimenti. Imprese agricole, manifatturiere, artigiane vivranno da oggi il problema di pratiche sospese confinate nella “lista d’attesa”, mentre i fondi vengono stornati altrove per decisione unilaterale del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
La motivazione farlocca del Ministro? Esaurita la quota da 2,5 miliardi. Avete modificato il PNRR originario che prevedeva 6,3 miliardi? Si racconta che ieri è stata una giornata da inferno dantesco. Sugli ordinativi firmati non ci sarà più il credito d’imposta e gli imprenditori si interrogano su cosa succederà adesso.
Le risposte? Silenzio tombale dal ministero del Made in Italy e delle Imprese. Sulla transizione industriale in Germania il governo accelera consapevole di arginare il disastro dei licenziamenti: il settore industriale perde oltre 10.000 posti di lavoro ogni mese. Le previsioni di crescita per l’economia della Germania sono stagnanti, quasi nulle, e molte imprese guardano al futuro con un pessimismo che non si vedeva dai tempi della crisi finanziaria del 2008.
Da noi il ministro Urso, con afasia e blocco dei fondi per la transizione, di fatto sta programmando la distruzione di parte del settore manifatturiero. La giustificazione ? La rimodulazione del PNRR e verosimilmente l’avversione di questo governo per le energie rinnovabili. Urso e chi gli consente questi mutamenti repentini di strategia industriale probabilmente poco valuta il segnale tremendo rappresentato da un paese che cambia


