Niente alleanza dei progressisti a Taranto? Con coerenza politica non dovrebbe essere perseguita questa formula, in egual misura, per le consultazioni regionali del prossimo autunno. In caso contrario, saremmo di fronte ad una farsa. Consumata a danno dei tarantini
Siamo ben oltre il silenzio assenso. E’ la vittoria della politica afona: silenziosa e silenziata. Al calcolo ponderato – e opportunistico – delle parole da pronunciare (e soppesare). Al bilancino dei fonemi prezzolati. Dopo quanto va delineandosi a Taranto, con il turno di ballottaggio per le Amministrative dell’8 e 9 giugno, niente più sarà uguale a prima. Se nasce morto il campo largo nella seconda città pugliese, l’alleanza dei progressisti, difficile poterlo edificare altrove. Tra qualche mese, per esempio, con le consultazioni regionali. In caso contrario, nel caso insomma a Bari fosse possibile quanto qui viene negato, assisteremmo ad una farsa. Ad una pratica farlocca. All’opportunismo spacciato per ideologia. Una sorta di spergiuro, l’ennesimo, consumato a danno dei tarantini.
Prima delle leggi elettorali, prima delle percentuali che garantiscono l’ingresso nel prossimo Consiglio regionale, a seconda che si corra da soli oppure in coalizioni predefinite, prima dell’8 e del 4% come soglia di sbarramento, prima degli arrivismi personali, ci sono i popoli con le loro aspettative. L’azione di governo. Le prassi amministrative. I programmi. Le città in bilico, contese da poteri altri dalla politica. Per queste ragioni, Antonio Decaro, il prossimo candidato alla presidenza della Puglia, dovrebbe dire qualcosa. Palesarsi nell’ora dirimente. Suggerire ai Cinque Stelle un accordo ampio: che parta da Taranto e arrivi a lambire l’Adriatico. Della serie: no Martini, no Party. Pardon: No Bitetti, no Decaro nell’autunno caldo prossimo venturo. Dì qualcosa, Antonio. Taranto è limes dei destini collettivi del Paese. Andare troppo oltre con i tuoi silenzi, rischia di rivelarsi pericoloso.