mercoledì 6 Novembre 24

Il declino della classe dirigente italiana

Abbiamo messo in prigione la competenza e liberato – e riverito – il pettegolezzo sgraziato. Analisi non richiesta sui mali del Paese, dopo aver letto l’articolo di Galli della Loggia sul Corsera dell’altro ieri

L’impoverimento dell’Italia comincia dalle sue classi dirigenti. Dall’inadeguata propensione nel decidere del decisore pubblico. Dalla mediocre partecipazione degli attori sulla scena di un film decadente. E’ l’ordinaria amministrazione il cimitero delle idee. Il margine non consentito di uno spazio esaurito di differenzazione politica. La diagnosi della malattia è chiara, riconosciuta dai più, ma la terapia tarda ad essere somministrata. Da trent’anni a questa parte, da Tangentopoli in poi, abbiamo smesso di crescere – e pensare in grande – preferendo la stasi al dinamismo. L’inerzia al moto. Il pettegolezzo allo studio che comporta fatica e serietà. I ruoli ben definiti alla distribuzione amicale d’incarichi e prebende. L’ordalia umana alla selezione del talento. In politica, nella prassi economica, con le suggestioni culturali, rasentiamo il piano inclinato di un’omologazione penalizzante. E’ la prigionia della competenza l’Alcatraz dei nostri sogni sbiaditi. Questo schema, questo volkgeist, lo spirito del popolo per dirla con le parole del filosofo romantico Herder, è stato ben riassunto l’altro ieri da Galli della Loggia sul Corsera.

Non è soltanto la destra di governo a non avere una classe dirigente all’altezza del compito che la storia ha voluto assegnarle. Non la possiede neanche la sinistra perché il problema è sistemico, generalizzato, diffusosi oltremisura. Una classe dirigente è il risultato di diversi fattori combinati tra loro. E’ ricerca del merito anzitutto. E’ riproposizione – e ripristino – dei luoghi adatti nel portare avanti questo compito di talent scout. Senza partiti, senza grandi università pubbliche, con la mercificazione dei corpi intermedi, con l’attuale composizione delle redazioni dei maggiori giornali del Paese, con l’offerta demenziale nei palinsesti della tv di Stato, quale classe dirigente potrà mai essere forgiata? Il bello è tale in sé, mai abbassarlo al servizio di una causa. Ma il bello interessa ancora? Fa proselitismo? Scalda i cuori e irrora le passioni? Chiedetelo all’attuale classe dirigente, quella che si fa chiamare tale, non confidando granché nelle risposte. Potrebbero essere tutto fuorché intelligenti.

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