Partito più che tripartito l’insegnamento di Montesquieu, il potere giudiziario sopravanza quello legislativo ed esecutivo. Da Tangentopoli in poi, complice un certo populismo disadorno, la presunzione di colpevolezza è andata sostituendosi alla presunzione d’innocenza. Giustizialisti di tutto il mondo, unitevi
Ci siamo dimenticati di Montesquieu. Rimosso, colpevolmente, i principi alla base del moderno costituzionalismo. Da Tangentopoli in poi, i poteri statali non sono più in equilibrio tra loro. Partiti (nel senso di volati via, trasmigrati altrove) più che tripartiti, ce n’è uno che sopravanza gli altri due. Esecutivo e legislativo prestano il fianco al giudiziario; disarcionati, entrambi, dall’antico lignaggio loro attribuito. Ancelle dello spirito dei tempi che avanza. Complice un certo populismo truce, abile nell’esibire la verità sottoforma di menzogna, a maramaldeggiare con gli opposti spacciati invece come simili, i processi mediatici hanno espulso i processi dalle Aule dei Tribunali. Il rischio di difendersi dal processo, più che nel processo, ha superato in molti casi i livelli di guardia.
Profetiche, nonostante sopraggiunte fuori tempo massimo, le parole pronunciate negli scorsi anni da Francesco Saverio Borrelli. Per l’ex procuratore capo di Milano “Non valeva la pena buttare all’aria il mondo precedente per cascare in quello attuale”. Tutti vollero lavarsi le mani, più che pulirsele, con le inchieste milanesi dei primi anni ’90 del secolo scorso. E’ in quel preciso momento – interstizio politico-culturale – che cambiò in peggio la nostra storia, anticipando i rivolgimenti storici che poi avrebbero finito col riguardare tutti gli altri. Con l’uccisione di Moro prima, e con Tangentopoli dopo, in un filo intrecciato tra naufragate nuove formule istituzionali e rapido riscaldamento della Guerra Fredda, il sorpasso del giudiziario su legislativo ed esecutivo ebbe compimento. Piena attuazione. Plastica realizzazione. Con gli effetti che tutti noi conosciamo. Con la presunzione di colpevolezza che, in spregio al dettato costituzionale, ha soverchiato la presunzione d’innocenza. Con il garantismo rinchiuso nelle casematte di un giustizialismo tronfio e disadorno. Con la rappresentanza popolare sacrificata non appena si profili l’accusa di un reato. Con l’istituto delle dimissioni evocato, nonostante alcuna presunta condotta lesiva possa essere reiterata. Roba – e sistemi – da universo concentrazionario, altro che democrazia liberale.
Senza un reale esame collettivo su cosa sia stata realmente Tangentopoli, cosa abbia rappresentato effettivamente per il Paese, al di là di una presunta moralizzazione pubblica, più celebrata che concretamente perseguita, il rischio che si diventi tutti quanti bersagli immobili di una giustizia ingiusta è molto alto. Non valeva la pena buttare all’aria il mondo precedente per cascare in quello attuale.