Taranto vuole contare, pur contando poco, alle prossime consultazioni elettorali. Rientrare in una filiera istituzionale dalla quale si è autoesclusa. Come? Magari candidando l’attuale capo di gabinetto per un seggio a Bari? Ma questa non è politica. E’, tutt’al più, il Festival di Sanremo
Potere delle consultazioni elettorali. Fenomenologie delle prossime elezioni Regionali. Egemonia del voto che oltre il voto non sa andare. Quando la politica è debole, quando i suoi attori sono debolissimi, quando il pensiero e i contenuti latitano, il moto diviene tutto. Un movimento senza grazia, rapsodico. Parossistico. Il giro – e il girotondo – attorno alle istituzioni. Dalla parte della piazza che conduce, senza attraversare quella che i Greci chiamavano agorà, al Palazzo. Dalla cabina elettorale ad un’Aula assembleare, un esecutivo purchessia, un Consiglio di Amministrazione, il passo si spera possa essere breve. Lo sperano in tanti. Lo spera anche Taranto: la città che le classifiche redatte dai giornali economici – e dagli istituti finanziari – inchiodano alla propria irrilevanza progettuale. Emblema di trasformismi e conventicole senza pudore alcuno. Con i suoi candidati, veri e presunti, disposti a tutto pur di ritagliarsi un posto al sole. A destra, a sinistra, al centro, nell’intero arco costituzionale, è cominciata una campagna elettorale che si preannuncia lunga e noiosa. Come il Festival di Sanremo del quale, ormai, una tv di Stato sbigottita, votata allo sbigottimento, parla tutto l’anno non sapendo di che altro discorrere.
Il movimento, il moto di cui sopra, è fluido in “Io C’entro”: la nuova aggregazione che, nelle intenzioni dei suoi proponitori, dovrebbe garantire la forza a Melucci che al sindaco di Taranto difetta. Come? Portando un po’ di voti al prossimo candidato presidente per le Regionali. Proponendo, forse, l’attuale capo di gabinetto per un seggio a Bari. Nominando, magari, un nuovo capo di gabinetto al posto di Greta. Il direttore generale del Comune non si farà per adesso. Mancano le risorse finanziarie; e i contendenti per quel ruolo sono tanti, troppi, anche per un’Amministrazione che, al Comune così come in Provincia, ha usato (e strausato) il Manuale Cencelli. Sempre meglio che lavorare. Lo scivolamento della politica – e dei suoi protagonisti – nelle secche aride di una partecipazione inconsistente trova conferma in questa semplice espressione. Un tempo usata per i soli giornalisti. Ma questa è un’altra storia.