“L’attuale clima di completa d’impunibilità nei confronti degli attori politici che hanno contribuito a una gestione scellerata della sanità pugliese nell’ultimo decennio ha avuto (e continuerà ad avere), ricadute devastanti sui cittadini”
“Il deficit da 350 milioni di euro nella sanità pugliese è certamente una di quelle cose che fa notizia, perché è chiaro indicatore di una gestione fallimentare da parte del governo regionale. Però è anche vero che il dato meriterebbe di un approfondimento politico attraverso l’analisi di alcuni aspetti fondamentali.” Lo afferma in una nota Emiliano Messina, Responsabile Dipartimento Sanità UDC Puglia.
“Innanzitutto, per quanto lapalissiano, va detto che le esigenze sanitarie non sono uguali fra loro all’interno delle singole province. Quindi, sarebbe utile capire, Asl per Asl, in che modo è suddiviso il debito, perché questo è già un coefficiente che potrebbe aiutare a correre ai ripari e permettere in futuro di ripartire il bilancio nei singoli territori provinciali in maniera più mirata.
In secondo luogo, – sottolinea – sarebbe necessario visionare le singole voci di spese che hanno costruito il debito totale (spesa farmaceutica, spesa del personale, mobilità passiva dei pazienti, ecc). In altre parole, se non si ha un’idea chiara di dove le Asl hanno investito maggiormente le proprie risorse, non si può avere una visione più ampia per il futuro.
Le singole voci di spese, inoltre, sono un fattore che viaggia strettamente in parallelo con l’analisi dello stato di salute della popolazione nei singoli territori. Ovvero bisogna tener conto delle province dove, per esempio, ci sono numeri importanti di pazienti oncologici, oppure di pazienti anziani o comunque anche della presenza di pazienti affetti da particolari cronicità.
Poi, sempre nell’ambito delle singole voci di spese che hanno costruito il debito totale, un capitolo a parte merita la mobilità passiva dei pazienti verso altre regioni, soprattutto in quelle del nord. – Prosegue la nota – Questo aspetto dovrebbe farci riflettere sul fatto che in Puglia si investe troppo poco per rendere attrattive le strutture sanitarie. E la conseguenza è che le figure professionali di spessore, soprattutto mediche, preferiscono andare a lavorare nei grandi centri del nord-Italia, dove certamente non vengono intrappolati da logiche politiche poco lungimiranti. Insomma dove la politica sa investire con un’ampia visione.
Dunque l’unico strumento per ridurre la migrazione del malato verso altri centri è quello d’investire su strutture in cui il professionista possa esercitare con le necessarie risorse strumentali e strutturali. Altro aspetto non di poco conto da tenere in considerazione è che questo significherebbe anche evitare disagi alla popolazione derivanti da viaggi chilometrici. – Afferma l’esponente dell’UDC – Ad ogni buon conto, sull’argomento spese sanitarie in generale, c’è un altro aspetto sottovalutato: la mancata istituzione in Puglia dell’Azienda Zero, che con la centralizzazione delle gare e degli acquisti per conto di tutte le Asl, avrebbe potuto rappresentare una carta vincente nell’ottimizzazione delle gare e quindi della spesa e sanitaria.
L’attuale clima di completa d’impunibilità nei confronti degli attori politici che hanno contribuito a una gestione scellerata della sanità pugliese nell’ultimo decennio – conclude Messina – ha avuto (e continuerà ad avere), ricadute devastanti sui cittadini, che sono costretti a fare tutti i giorni i conti con liste d’attesa lunghissime, con viaggi della speranza, con pronto soccorsi presi d’assalto in maniera non appropriata e con una medicina territoriale che non riesce a sopperire alle esigenze di base della popolazione e anche sugli operatori sanitari, che anche se sempre più maltrattati mandano comunque avanti il sistema come possono.”


