Treni obsoleti e numericamente inferiori, collegamenti lenti e in alcuni casi inesistenti, tagli delle risorse previste dal PNRR: il sistema ferroviario del Mezzogiorno, così come fotografato dal rapporto Pendolaria 2024 di Legambiente, presenta ancora un notevole gap con quello del Nord
Un sistema ferroviario nazionale statico e caratterizzato dalla compresenza di due velocità: una più elevata ed efficiente per il Nord, l’altra lenta e delegata a mezzi piuttosto vecchi per il Mezzogiorno.
E’ quanto emerge da Pendolaria 2024, il rapporto stilato da Legambiente che riporta le attuali condizioni dei trasporti ferroviari italiani.
Ferrovie moderne ed efficienti non rispetterebbero solo gli obiettivi del Green Deal europeo, che prevede un taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e del loro azzeramento entro il 2050 (il settore è, infatti, responsabile di oltre un quarto delle emissioni climalteranti italiane), ma corrisponderebbero anche, secondo Legambiente, ad un vero e proprio pilastro della società moderna.
E se da un lato aumenta il numero di viaggiatori che scelgono il treno come mezzo per i propri spostamenti, dall’altro appaiono ancora troppi i nodi irrisolti.
In particolare, a colpire negativamente, è la fotografia di un “Paese a due velocità”: nel Mezzogiorno, infatti, i treni sono più vecchi (con una media di 18 anni di età, contro i 14 di quelli del Nord). Alcune linee, interrotte da anni, non sono ancora state ripristinate, soprattutto in Sicilia e Calabria.
Desta, inoltre, sconcerto che “per la prima volta dal 2017, la legge di Bilancio non prevede fondi per il trasporto rapido di massa, il cui fondo è stato definanziato, né per la ciclabilità e la mobilità dolce o per il rifinanziamento del fondo destinato alla copertura del caro materiali per i progetti finanziati o in via di realizzazione e neanche per il fondo di progettazione, con gravi conseguenze sui lavori in corso e futuri.
Al Sud, inoltre, le corse regionali quotidiane sono 4 volte inferiori rispetto a quelle offerte al Nord: un divario troppo evidente, nonostante le debite proporzioni per la popolazione regionale.
In Puglia, nello specifico, le corse giornaliere sono 897, i treni sono 158 e quasi il 26% ha più di 15 anni. Dati tutto sommato meno gravi di quelli evidenziati per altre regioni meridionali, in cui la situazione è di gran lunga meno rosea, ma che restano comunque al di sotto della media settentrionale.
E tra le linee peggiori d’Italia troviamo proprio quella Jonica che collega Taranto a Reggio Calabria: qui il discorso interessa anche l’economia delle regioni in questione, dal momento che questa ferrovia collega una serie di località portuali e turistiche, il cui flusso in entrata rischia di essere seriamente influenzato, in maniera negativa, dalle pessime condizioni di trasporto.
Dal rapporto si evince che, nonostante il progetto di adeguamento, velocizzazione, elettrificazione e upgrading tecnologico previsto da RFI, i lavori, iniziati
nel 2018, si sono improvvisamente fermati nel 2019 per poi riprendere con inevitabili ritardi, visto che si sarebbero dovuti concludere nel 2023 mentre il loro completamento non è previsto prima della fine del 2026.
Non a caso Legambiente parla di “potenziale turistico perso” anche a causa della presenza di “sole due coppie di treni Intercity tra Reggio Calabria e Taranto”.
Ma la nota dolente arriva al capitolo che riguarda la spesa delle regioni per il servizio ferroviario regionale: in 4 regioni italiane, tra cui la Puglia, l’unica fonte di finanziamento per i pendolari è quanto previsto per i Contratti di Servizio con i gestori ferroviari.
“Le Regioni – scrive Legambiente – hanno la responsabilità di definire il Contratto di Servizio con i gestori, in primis Trenitalia. Una responsabilità che avrebbe dovuto portare a individuare risorse nel proprio bilancio da aggiungere a quelle statali per potenziare il servizio (ossia più corse) e per il materiale rotabile (dunque treni nuovi e/o riqualificati). Il problema è che in molte Regioni dopo i tagli statali non sono state recuperate risorse da altre voci di bilancio”.
Infine, tra le linee regionali da potenziare con nuovi treni, elettrificazione e collegamenti più veloci, la cosiddetta “cura per il ferro al Sud”, anche il collegamento tra Taranto e Bari e tra il capoluogo ionico e Brindisi, ovvero quei treni in coincidenza con corse nazionale, navi e TPL.
In conclusione, Legambiente stigmatizza un certo accanimento del Governo Meloni sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto, opera che comporterebbe un costo di 11,63 miliardi di euro suddivisi in 9 anni e su cui l’associazione ambientalista esprime parere negativo “per diversi motivi, tra cui l’impatto ambientale e paesaggistico, le richieste economiche e la mancata risoluzione delle problematiche trasportistiche dell’area”.
Per risolvere effettivamente le criticità rilevate al Mezzogiorno, infatti, occorrerebbero investimenti mirati, con i quali potenziare e svecchiare la flotta a disposizione, implementare e velocizzare i collegamenti regionali ma soprattutto coordinare l’offerta dei diversi servizi per semplificare gli spostamenti e gli scambi tra treni, autobus locali e regionali, traghetti, attualmente penalizzati dalla mancanza di coincidenze.
“Il governo Meloni – spiega Legambiente – ha dovuto fronteggiare in parte i ritardi dovuti alla crisi delle materie prime, in parte decisioni interne di rimodulazione
di interventi non considerati più prioritari o utili”, con il risultato di 840 milioni di euro di tagli dal PNRR sul sistema AV/AC al Sud e la riduzione dell’acquisto dei nuovi tremi ad idrogeno di un terzo (da 150 a 50).
“Bisogna invertire la rotta – conclude il rapporto Pendolaria 2024 – e puntare su importanti investimenti per il nostro Paese, fatti sì di infrastrutture, in alcuni casi davvero fondamentali e in ritardo da decenni, ma soprattutto di servizi, treni moderni, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce, garanzie di accessibilità e inclusività”.
Il tutto attraverso uno sforzo economico e l’abbandono di “vecchie priorità sbagliate e slogan”, a favore di quello che serve davvero al nostro Paese.