Come riportato dal quotidiano Domani, una relazione tecnica depositata in Procura parla di migliaia di decessi legati all’inquinamento. Cittadini e lavoratori esposti per anni a elevate concentrazioni cancerogene
Un eccesso prolungato di benzene nei cieli e nei polmoni dei tarantini. È quanto emerge dalla relazione tecnica consegnata alla Procura di Taranto dal luminare di oncologia Luciano Mutti, incaricato di valutare gli effetti dell’attività dell’ex Ilva – oggi Acciaierie d’Italia – sulla salute pubblica e sui lavoratori.
Il documento, frutto di verifiche condotte tra il 2018 e il 2024, descrive un quadro drammatico: esposizioni singole e prolungate a livelli di benzene ben superiori ai limiti di sicurezza, con effetti già osservabili in termini di mortalità e incidenza di malattie oncologiche.
L’analisi, riportata dal quotidiano Domani, evidenzia come i valori rilevati dall’Arpa Puglia abbiano confermato un eccesso costante di benzene, sostanza classificata come cancerogena, con effetti già riscontrabili in termini di aumento di mortalità e incidenza di tumori ematologici e patologie respiratorie.
Già uno studio epidemiologico del Ministero della Salute, riferito al periodo 2013-2017, aveva indicato Taranto come una delle aree più colpite a livello nazionale da patologie legate all’inquinamento industriale. Il nuovo rapporto conferma quella tendenza, associandola in maniera più netta all’esposizione al benzene.
Secondo l’elaborazione tecnica, la mortalità per malattie oncologiche e respiratorie resta superiore alla media nazionale, con una stima di oltre 3.000 decessi attribuibili a esposizioni croniche nell’arco di due decenni.
Intanto il Comune registra più di settemila richieste di indennizzo per danni alla salute presentate dai cittadini negli ultimi cinque anni. Le aree più colpite, secondo le analisi epidemiologiche, sono i quartieri Tamburi e Paolo VI, situati a ridosso dello stabilimento.
Il documento segnala che, pur con alcuni progressi, i livelli restano non conformi agli standard di tutela, mentre la promessa decarbonizzazione dell’acciaieria rimane lontana e le indagini giudiziarie proseguono. Taranto resta sospesa tra il peso della sua storia industriale e il diritto a un futuro libero dai veleni.