venerdì 2 Maggio 25

C’era una volta il calciomercato

di Vittorio Galigani

Si è persa l’essenza, il significato intrinseco, del “Calciomercato”. Scambi, acquisti e cessioni sono ancorate a situazioni contabili imprescindibili. Alla ricerca di plusvalenze ed alla necessaria pulizia di poste di bilancio. Avellino, Crotone, Catania, Benevento, l’esordiente Trapani non hanno badato a spese pur di risultare competitivi

Il mercato estivo del calcio. Non è più lo stesso. In altri tempi si attendevano i “botti” dell’ultima ora. Segretari e direttori sportivi che correvano per compilare e depositare gli ultimi contratti. Con il timore di vedersi “sbattere” in faccia la porta degli uffici di Lega in funzione presso l’Hotel a 5 stelle prescelto dall’Adise. Perché giunti fuori tempo massimo. Esisteva la corsa all’ultimo trasferimento depositato.

I media si aggiravano nei saloni del “Calciomercato” per carpire la notizia sensazionale. Per dare “buco” alla concorrenza. L’assalto ai box per “partecipare” al trasferimento milionario dell’ultimo minuto. Si faceva tutto in modalità cartacea. Nel ricordo di tanti contratti stracciati. Nelle riunioni notturne, in “salotti” appartati, si concludevano gli “affari” migliori. Quante liti furibonde tra gli addetti, presidenti e direttori, per una parola mancata all’ultimo istante. I calciatori si “comperavano” e si “vendevano” con le modalità di pagamento più svariate. Perché no, anche a cambiali!

Ora quell’aria particolare non si “palpa” più! L’era informatica ha cambiato tutto. I tempi. I modi. La tecnica. Il deposito. Le norme federali. Senza dubbio un lavoro più pulito. I computer conservano, gelosamente, i segreti di tutti. Si è però persa l’essenza, il significato intrinseco, del “Calciomercato”. Scambi, acquisti e cessioni sono ancorate a situazioni contabili imprescindibili. Alla ricerca di plusvalenze ed alla necessaria pulizia di poste di bilancio.

Nell’evolversi della situazione ha perso potere una figura immancabile nelle trattative di allora. Il “mediatore”. Il consigliere prezioso degli operatori di mercato. “L’orfanello” (cosi veniva definito) capace di condurre in porto qualsiasi operazione. Il consulente retribuito, sottobanco, da tutti i presidenti. In ogni trattativa era d’obbligo rispettare “l’orfanello”. Era veramente un obbligo. Una delle consuetudini, determinanti, ma non scritte nel sistema.

Quel potere, nei tempi, è passato nelle mani degli Agenti Fifa. I “procuratori”. I veri “padroni” del mercato attuale. Capaci di manipolare l’informazione. Rincorsi dai media moderni, creano antagonismi di interesse, su questo o quel giocatore. Situazioni spesso inesistenti. Sono bravi. Amici adulatori o soggetti ostili di presidenti e direttori, a seconda della loro convenienza. Spostano calciatori e milioni con una facilità impressionante. Sono gli unici che escono vincitori dalle trattative di mercato dove regna il dio quattrino.

Spesso, nella composizione delle squadre, catturando la fiducia di presidenti e di allenatori, il “procuratore” sostituisce il direttore sportivo. Una categoria, questa, in forte declino per impreparazione tecnica e scarsa credibilità. Con una spiegazione più che logica. Ogni presidente nasconde in sè il dna del direttore sportivo. A chi non piace parlare di terzini, di mediani e di attaccanti!?

L’ultima sessione del “Calciomercato” estivo si è chiusa nei giorni scorsi. Le scarse economie del sistema hanno imposto il contenimento dei costi. Vale per tutte le categorie. Principalmente per la terza serie.

Una particolare lente di ingrandimento merita il girone C della terza serie. La forza economica di alcuni presidenti invita a una approfondita riflessione. Alcune piazze pongono, sul piatto della competizione, notevoli risorse finanziare. Chi insegue la promozione da anni e comunque non nasconde le proprie ambizioni, non lesina, ai tesserati, ingaggi superiori alla media per la categoria. Non esiste equità finanziaria, ai nastri di partenza. Alcuni rinunciano anche all’utilizzo dei giovani. Non sentono la necessità di fare “minutaggio”. E questo già certifica un divario notevole.

Esiste infatti una fascia dove Avellino, Crotone, Catania, Benevento, l’esordiente Trapani non hanno badato a spese pur di risultare competitivi.

Il presidente dell’Avellino, D’Agostino, non ha posto limiti a Perinetti pur di centrare l’obbiettivo promozione. Un crocevia difficile per l’esperto dirigente. Che ha l’obbligo di sfoltire una rosa già ampia e rinnovarla con nuove ambizioni. La famiglia Vrenna ha operato chirurgicamente sulla rosa del Crotone. Per migliorarla. Un tecnico preparato. Un miscuglio intelligente di giocatori esperti e giovani promesse. Le prospettive, già espresse nel gioco, sembrano essere favorevoli e consolidate dai risultati del campo.

La proprietà “straniera” del Catania ha affidato la ristrutturazione tecnico/sportiva a un allenatore vincente, Toscano, ed a un direttore esperto, Faggiano. Il meglio, sulla carta, per la categoria. Con un però. Stravolgere la rosa e vincere  da subito non è sempre facile. Come non è facile mantenere alto l’entusiasmo caratteriale a una proprietà finanziariamente impegnata su investimenti corposi.

Le capacità del Benevento sono tutte nell’esperienza gestionale del presidente Vigorito e del suo allenatore Auteri che ha già vinto in quella piazza.

In categoria, da neo promosso, è piombato Valerio Antonini presidente autoritario del Trapani. Un personaggio dirompente che vuole solo vincere. E’ il protagonista, in prima persona, della compagine granata. Antonini sembra possedere le qualità del trascinatore. La compagine allestita è certamente di prima fascia. Resta da verificare l’esito dell’impatto con la categoria professionistica. La pesante scoppola ricevuta da Picerno, nell’esordio casalingo, offre a Valerio Antonini la possibilità di una doverosa, attenta, riflessione tecnica. E’ tutto oro quello che riluce?

A ridosso rimangono intatte le ambizione di Cerignola, Potenza, Picerno, Cavese e Foggia. La solidità imprenditoriale della famiglia Grieco e le capacità professionali del direttore sportivo Elio Di Toro sono una garanzia sulla continuità dei risultati per il Cerignola.

La semplicità con la quale si ottengono risultati positivi a Picerno dimostra la solidità dell’impianto. Non ci saranno magari ambizioni di primato manifeste, ma i rossoblu si candidano come autorevoli outsider. Forti di una proprietà dalla concretezza finanziaria invidiabile e di una organizzazione tecnico/sportiva che sfiora la perfezione.

Potenza vive sulle notevoli ambizioni della famiglia Macchia. Un Caturano  ritrovato rinvigorirebbe la forza del gruppo. Foggia deve risalire dalla polvere dal campionato mediocre della scorsa stagione. Canonico potrebbe aver risolto i problemi interni alla Società. Le tessere del mosaico sembrano tutte inserite al posto giusto.

Cavese, ben gestita da Pasquale Logiudice e Vincenzino Deliguori, si ripresenta tra i professionisti dopo una entusiasmante cavalcata tra i dilettanti. Sono tre piazze, quelle sopra citate, dove si vive di pane e calcio. Basta poco per accendere la miccia dell’entusiasmo. Altrettanto per andare in depressione.

Attenzione all’Altamura. La neo promossa forte di multiproprietà di imprenditori di grandissimo spessore. Un gruppo in grado di intervenire in qualsiasi momento per reindirizzare, ove necessario, il percorso tecnico e sportivo. Una ricchezza notevole per le ambizioni dei biancorossi. Una solidità imprescindibile che prelude a obiettivi di qualità. Un solo dubbio. L’armonia, in una base dirigenziale allargata. A tutti piace parlare di terzini, mediani ed attaccanti. Il dubbio di possibili ingerenze è lecito. Sta a quel gruppo di dirigenti, affermati imprenditori nel loro settore, scacciare tutte le perplessità. Nel rispetto dei ruoli e delle competenze.

La salvezza dello scorso anno, raggiunta ai play out dal Monopoli del presidente Rossiello, ha consigliato di seguire, con attenzione, percorsi tecnici e sportivi più idonei al progetto di una salvezza tranquilla. L’incerto avvio di campionato deve far riflettere.

A seguire un plotone numeroso. Composto da coloro che non possono offrire molto al campionato. In termini di investimenti, di gioco e di risultati. Il fare di necessità virtù, come si usa dire. Ricorrere al “minutaggio”. Come obbligo per un indispensabile/irrifiutabile “aiutino” economico. Per coprire, in parte, l’onere dei costi di gestione. Squadre, al di la delle valutazioni iniziali, costruite con i “valorizzati”, gli “svincolati”, datati ed alla ricerca degli ultimi, mediocri, ingaggi.

In alcuni casi limite, vengono inseriti anche gli “sponsorizzati”. Ragazzi gettati allo sbando in una categoria che non gli appartiene. Un malvezzo in espansione generale. Che prende addirittura origine dai settori giovanili. Il “raccomandato” di turno. Un intruso che nuoce a se stesso, alla categoria ed al sistema calcio in generale. Una manovra assurda, aberrante, alla quale ricorrono taluni dirigenti. Per ovviare alla incapacità a sostenere, di tasca propria, la gestione.

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