La verità è semplice: oggi i campionati dilettanti non sono più “dopolavoro” domenicali. Sono competizioni strutturate, con regole severe e con un livello organizzativo che richiede professionalità. Continuare a pensare che basti schierare undici uomini in campo è un’illusione che porta solo guai
Nelle società professionistiche è una figura obbligatoria, prevista per regolamento come Licenze Nazionali: il segretario. Un ruolo invisibile al pubblico, ma decisivo per la vita di un club. È lui che sa destreggiarsi tra scadenze, regolamenti, tesseramenti, comunicazioni federali. Senza, nessuna squadra di Serie A, B e Lega Pro potrebbe nemmeno scendere in campo.
Eppure, quando si scende nei campionati dilettantistici di vertice, Serie D ed Eccellenza regionale, troppo spesso questa presenza scompare. Ci si arrangia: il presidente si improvvisa segretario, l’allenatore compila documenti tra un allenamento e l’altro, un dirigente di buona volontà si carica di scadenze e burocrazia. Ma a che prezzo? Errori, ritardi, multe, e talvolta persino umilianti sconfitte a tavolino.
La verità è semplice: oggi i campionati dilettanti non sono più “dopolavoro” domenicali. Sono competizioni strutturate, con regole severe e con un livello organizzativo che richiede professionalità. Continuare a pensare che basti schierare undici uomini in campo è un’illusione che porta solo guai. Per questo, la considerazione è chiara: meglio un calciatore in meno e un segretario in più. Perché un attaccante in più può portare qualche gol, ma un segretario in meno rischia di farne perdere molti, a tavolino e non sul prato verde.
Il calcio dilettantistico, che vuole crescere, deve avere il coraggio di fare questo passo: investire non solo in gambe e talento (spesso ipotetico), ma anche in organizzazione e competenza. Solo così, dietro i riflettori della domenica, ci sarà una struttura capace di sostenere davvero il futuro delle società.
Nell’organigramma del Taranto la figura del segretario, a torto, non appare. La sua presenza è stata evidentemente ritenuta superflua. Ininfluente. Le conseguenze? La pessima interpretazione data alla lettura delle norme federali che hanno portato al rifiuto del tesseramento dell’attaccante, extracomunitario, Jallow. Con un ricorso in atto che difficilmente verrà accolto dagli Organi competenti.
Voci di corridoio riferiscono che la proprietà del Taranto, nello specifico, si sia affidata a una “guida” esterna. Un’organizzazione che opera in Campania, della quale farebbe parte anche l’attuale segretario del Brindisi.
Spaziando poi su argomenti di natura diversa, sembrerebbe che tra gli “arredi” della sede sociale, la scrivania di Riccardo Di Bari non sia più molto stabile. Le critiche inopportune, mosse al presidente del Comitato Regionale dottor Vito Tisci ed il conseguente “scivolone” sul mancato tesseramento di Jallow, azioni non gradite alla proprietà, avrebbero indebolito la sua posizione. I sempre bene informati asseriscono di aver intravisto l’ombra di Francesco Montervino dietro l’angolo.
Da ultimo, giovedì pomeriggio Brindisi e Taranto si giocano il passaggio del turno in Coppa Italia, in un confronto diretto “delicato” e particolarmente sentito dalle tifoserie e non solo. Gli sconfitti vanno fuori perdendo la ghiotta opportunità che il regolamento concede, ai vincitori di quel trofeo, per il salto in Serie D. Auguriamoci che, questa volta, il novello direttore sportivo degli adriatici, Emanuele Righi, rimanga nel suo guscio e non se ne esca con qualche nuova amenità, mettendo nuovamente in dubbio l’integrità del sistema calcio territoriale.


