di Marco Tarantino
Tra le (scontate) polemiche contro gli scritti di CosmoPolis e le nuvole nere sui Giochi del ’26 stanno ballando e bollendo le tastiere dei detentori di Verità dalle chiappe inchiodate: il vero – anche unico – “connubio vincente”
A QUANTO PARE esiste improvvisamente una questione sportiva. Una cultura no, qui, ma una questione sì: tuttavia prendiamoci quel che ci manda il cielo. Da che dipende? Un fatto soprattutto politico, o lateralmente imprenditoriale? Per quanto riguarda me, e questo giornale, nessuna parentela: esatti due mesi fa, partito da un pezzo del direttore, Vincenzo Carriero, e proseguito con un mio umile scritto, ‘Disaffezione’, l’argomento entrò nei gangli di un diverticolo storico che alla stampa del quartierino ha sempre recato turbamento. Comprensibile. Vuoi mettere, potersi gettare anima e corpo nel 442 anti Gelbison, che però è un 352 mascherato, dipende dai quinti e dai ganci?
Interessanti, nel merito, alcune dichiarazioni raccolte da CP negli ultimi 4 giorni. Fabio Greco, presidente dell’A.I. General Industries, costola scissa dalla Confindustria locale, si è congratulato con Gioiella Prisma Volley, Cus Jonio Basket Taranto e Taranto Calcio 1927 per aver “brillantemente raggiunto l’obiettivo stagionale prefissato all’inizio dell’anno sportivo”. Brillantemente, oddio, occhio all’avverbio: la pallavolo si è salvata da penultima solo perché il Siena ha perso 3-0 a Monza, mentre lo stesso giorno il sestetto di Di Pinto beccava identica bastonata a Milano; il Taranto di Capuano si è salvato con due turni di anticipo sputando e facendo sputare tanto di quel sudore acido che alla fine non ne era rimasto un ditale (un merito, data la rosa); il Cus, indubbiamente ottimo, avrebbe persino due turni per centrare ipotetici playoff, esorcizzati i playout, più su di squadre e tradizioni con un budget nettamente superiore. Greco ha concluso con un altro encomio che a spanne sembra claudicante, pro domo sua secondo sé stesso e la sua associazione: “Un ringraziamento speciale va agli imprenditori, per il loro impegno costante e i loro investimenti nel territorio”. Gioiella, main sponsor della Prisma Volley, è notoriamente azienda made in Gioia del Colle. Ma vabeh, facciamo finta che sia una frazione di Mottola tipo San Basilio.
PIU’ NEL PROFONDO si è addentrato due giorni dopo, sempre qui su CP, Pierfilippo Marcoleoni, coordinatore tarantino di ‘Noi con l’Italia’, com’è noto formazione che ha nell’on. Maurizio Lupi il faro indiscusso della neomoderata destra allo scettro. Che si tratti di un giovanotto entusiasta non c’è alcun dubbio, che ami lo sport credo nemmeno, che la gioventù comporti qualche difetto di sconnessione oltre agli innumerevoli pregi di vitalità, penso neanche. Prima dice, dopo una serie di commendevoli e originali considerazioni sull’economia che discende dallo sport, fa aumentare i profitti e gli occupati eccetera, sempre relativamente alle tre corone dell’agonismo tarantino: “I privati, i presidenti di questi sodalizi, i loro collaboratori, lo hanno capito molto bene. Investono (…) tanto denaro, nella possibilità che passione e strategia possano incontrarsi”. Poi conclude inneggiando agli “straordinari idealisti” e ai sacrifici che essi “compiono ogni giorno per mantenere in piedi questa passione collettiva”. Allora: strategia o idealismo? Idealismo e passione tatuati – episodicamente, individualmente – nel dna, Marcoleoni. Altro che strategia, speranza, possibilità, collettività. Ma quale collettività. Quanto ha studiato, il giovane lupista, la storia dello sport cittadino, non avendo – per anagrafe – potuto viverla? Si legga l’organigramma del Cus Jonico, nato nel ’74 e partito dalla Prima Divisione: il presidente attuale, Sergio Cosenza, c’era già allora. E scorra un po’ d’altri cognomi, Fontana, Conversano, Strusi, Ricatti, Sportelli, Appeso, Massari e mi scusino i non citati.
Parli con loro, Marcoleoni, di strategia anziché di lacrime e sangue e pezze al culo.
Gli ripeta il suo mantra d’esordio: “Taranto e lo sport: connubio vincente”.
Vedrà come la guardano, e se poi non le indicano la porta.
DOVE INVECE l’alfiere di ‘Noi con l’Italia’ ha ragione da vendere, e scala reale per vincere facile, è quando sentenzia: “Lo sport cittadino è assai più avanti della politica cittadina”. Dovrebbe aggiungere, ma non osa: oltre che della stampa cittadina. Capirai che ci vuole, mica è obbligatorio eccellere: basta salvare sfiniti una terza serie o centrare una permanenza grazie alla sconfitta della rivale e si è migliori del contesto. Marcoleoni qui fa il suo lavoro e arriva al dunque, additando “i ritardi e la presuntuosa inconsistenza della politica locale”, cioè la giunta Melucci. Il terreno è fertilissimo più che fertile: l’iter verso il commissariamento dei Giochi del Mediterraneo del ’26, dovesse compiersi come si sta prefigurando, sarebbe uno smacco da seicentesca commedia dell’arte.
Occhio, però.
Nel migliore dei casi, che in questo momento somiglia sempre più a un’utopia, la città e i cittadini arriverebbero a quei giorni, a quegli appuntamenti, a quelle gare, a quell’euforia da sbornia offerta al banco e perciò piò gioiosa ancora, con il vestito delle grandi occasioni e il velo del matrimonio. Tutti bravi, sodali, entusiasti, proattivi. Tornerebbe a risuonare l’inno patriottardo del son tarantino e me ne vanto. Quante articolesse illuminate. Quante interviste inebriate.
E dopo? Dopo, per bene che possa mettersi, per benissimo che possa essere andata a finire?
Davvero il tarantino festante e quello medio, la politica testuale o politicante, l’imprenditoria efficiente o sedicente si risveglieranno, si risveglierebbero cambiati dai Giochi, spiritualizzati dall’evento, proiettati in una nuova dimensione dell’impegno e dell’empatia?
Vi sembra una cosa possibile sognare qualcosa davanti, se non c’è (quasi) niente né dietro né dentro? La Taranto che si riempie la bocca, e che ha trovato nei social la sublimazione cromosomica, per giunta non dovendo più alzare il culo dalla sedia di casa, avrà capito che bisogna rimboccarsi le maniche per piantare i semi o s’intesterà motivi in più per discettare su cosa non andava e non va, su cosa andrebbe fatto, su ciò che “merita una città come la nostra”?
Cosa è successo, chi ha mosso un dito, chi ha provato almeno a non disperderne la scia, quando (’95) sono spariti gli Internazionali femminili Ilva, secondo torneo italiano, o il Cras Basket donne, pluriscudettato dal 2003 e scomparso, per sfinimento di Basile e D’Antona, nel 2013? La A dell’atletica femminile (il Cras di Bevilacqua, Curri, Bandini, Del Monaco), del basket in carrozzina, del calcio a 5, la boxe, la pallanuoto, il rugby? Benedetta Pilato è stata sorretta da strutture, sponsor locali e ‘collettività’, o forgiata da un isolato fantastico coach come Vito D’Onghia? Per chi è tesserata, dove si allena adesso?
A chi frega, veramente?
E soprattutto, con quanta autocoscienza possiamo riuscire – tutti – a prendercela con l’indifendibilità penosamente storica degli assessorati, delle amministrazioni, degli istituti più o meno preposti per grazia di chissà chi?
AVESSI SCRITTO come piace a Bertoldo, qualche giorno fa su CP, leccando la ‘piazza’ prevalente, cioè secondo poetica genetica che grazie alla tastiera può finalmente amare il mezzo almeno quanto il fine, avrei portato a me e a CosmoPolis il quintuplo dei contatti e il decuplo dei like: prevedibile, scontato come la prossima alba. Cose come: Giove sparisci, eclissati, che aspetti a vendere. O anche: Galigani, sei vecchio, sempre in mezzo, che aspetti ad andartene al parco. E naturalmente: Capuano, che calcio è, primo non prenderle, fa schifo, chiunque li avrebbe fatti giocare meglio, che aspetti a firmare con il Bitritto.
Al contrario, e beccandomi ovvi sfanculamenti, ho sostenuto la tesi che ribadisco pari pari: a questi due, e aggiungo anche il diesse Luca Evangelisti, la città dovrebbe dire grazie.
Perché? Perché sì, una promozione per un punto a 8’ dalla fine (Santarpia di testa a Lavello) e due successive salvezze angosciose ma comunque salvezze saranno pure un miracolo dei poveri, ma pur sempre un miracolo: visti i tempi, il panorama e la storia oramai non solo recente. Sicché, considerato che questa città ha il monociglio calcistico e di nient’altro è capace di discutere, voi che di questo dite di vivere che alternativa avete, proponete, dimostrate? Posso leggere, posso apprendere con documenti e dettagli, da scrittori col tesserino (see) e anche no, proposte, gruppi, particolari, cifre e condizioni dei gruppi o dell’acquirente che si è fatto avanti? Poiché se è successo, se l’acquirente era solvente e determinato e Giove si è ostinato a respingerlo, allora si potrà rinfacciargli: Massimo, quindi mentivi quando dichiarasti che ti saresti fatto da parte dianzi a un progetto futuribile.
Vi prego. Accomodatevi.
SOSPETTO INVECE che tutta ‘sta fila non ci sia: chissà perché. Chissà perché uno come Antonio Albanese, che potrebbe comprarsi la Lazio con tutto Lotito, tenta semmai l’acquisto del Bari e il Taranto non lo sfiora neanche (e chissà perché poi resuscita la Gazzetta del Mezzogiorno, mica il Corriere del Giorno). La Lega documentò due mesi fa, e noi riprendemmo, che solo Turris (1311) e Francavilla (1050) registrano meno spettatori medi rispetto allo ‘Iacovone’ (1503). Colpa, come no, dello spettacolo che sarebbe un dovere minimo offrire all’impagabile passione tifosa, che tanto (si) spende. Sciopero del tifo, latitanza di abbonamenti, contestazione in punta di lingua, di cori e di multa: davvero un modello all’inglese, il dodicesimo uomo, il proverbiale indefettibile sostegno, la maglia innanzitutto. E quell’immagine storica, domenicale dei tempi, esemplare, dello stadio mezzo pieno ma in realtà i paganti erano solamente 4mila? Ancora più English. Magari appena meno. L’impeccabile prevalente logica indigena: ‘tifo’ ma diserto, se vado non pago, se entro contesto, non siete degni di me.
Chi sa solo di calcio, disse Socrates, neanche di calcio sa. Perciò tutti alle tastiere, patrioti, e chiappe tatuate sulla sedia sino all’osmosi. Ecco il vero “connubio vincente”, dott. Marcoleoni.
E’ ’unico possibile.