Pochi traffici nello scalo tarantino. La crisi senza tempo – e senza senno – in Ilva, l’operatore Yilport che non fa l’operatore, alla base dei perduranti decrementi produttivi. Fosse per il ministro Salvini bisognerebbe spostare armi e bagagli nella città adriatica. Rischia di calare il sipario sull’ultimo baluardo dell’identità locale: culturale ancor prima che economica
No Martini, no Party. Niente traffici, niente Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio. L’equazione è facile, le sue conseguenze anche. Nonostante rischino di tratteggiare un futuro tutt’altro che roseo per la città dei due mari. Anzi. Senza un’inversione di tendenza, una ripresa consistente delle attività e della movimentazione delle merci mediante i container, un Ilva che torni a produrre senza licenza di uccidere, il Porto di Taranto rischia di divenire nient’altro che un’appendice di quello di Bari. Un Capitano di Vascello declassato a Guardia Marina dalla sera al mattino. Con un’unica Autorità di Sistema in Puglia, in luogo delle due attuali, ad appannaggio della sola città levantina. La legge stabilisce questo. Conservi lo status giuridico di Autorità di Sistema, recita nel suo testo, a patto che i parametri dei traffici non scendano al di sotto di una certa soglia che si suole definire critica. E Taranto quei parametri, purtroppo, non riesce più a rispettarli. Da dopo la pandemia. Unico porto in Italia a registrare, negli ultimi anni, perduranti – e preoccupanti – saldi negativi. Con un decremento del traffico dei container del 16,9% dal 2021 al 2022. Fosse per il ministro Salvini – e i suoi solerti sottosegretari di stanza al ministero delle Infrastrutture – lo scalo jonico potrebbe benissimo confluire sotto l’ala protettiva dei cugini baresi. Basta tergiversare. Basta aspettare novità che tardano ad arrivare. Operatori che non operano (Yilport, se ci sei, ancora una volta ti chiediamo di battere un colpo…). A Roma sono sbrigativi quando si tratta di legiferare sul Sud. Se i dossier poi dovessero finire nelle mani dei leghisti, il semplicismo rischia di caricarsi sulle proprie spalle anche una certa sensibilità sgraziata. Un’approssimazione impegnativa. Un disimpegno di concetto. Si sta seguendo questa traccia malferma con lo scellerato proposito dell’Autonomia differenziata. Con la rimodulazione degli interventi da finanziare con il Pnrr. Con l’alta velocità ferroviaria che oltre la tratta Bari-Napoli non sa andare. La maledizione dell’ultimo miglio blocca l’autostrada alle porte di Massafra. I treni Frecciarossa hanno depennato, da tempo, Taranto dalle proprie cartine e sussulti geografici. L’aeroporto di Grottaglie non verrà mai aperto ai voli civili. E adesso l’Autorità di Sistema Portuale. Rischia di calare il sipario sull’ultimo baluardo di un’identità locale: culturale e produttiva in egual modo. Colpa di San Cataldo? Si, ma non il Santo di origini irlandesi. Come nostro costume, laicamente, nel rispetto della religiosità altrui, preferiamo chiamare alle proprie responsabilità la San Cataldo Container Terminal. Dio non ce ne voglia.