Dichiarata illegittima la comunicazione con cui il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha sospeso il procedimento attivato dall’azienda per l’autorizzazione alla prosecuzione della Cassa integrazione straordinaria per un massimo di 2500 lavoratori dello stabilimento tarantino oltre il termine inizialmente previsto, in prosecuzione della procedura in scadenza
Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di Acciaierie d’Italia: dichiarata illegittima la comunicazione con cui il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha sospeso, a maggio 2023, il procedimento attivato dall’azienda per l’autorizzazione alla prosecuzione della Cassa integrazione straordinaria per un massimo di 2500 lavoratori dello stabilimento tarantino oltre il termine inizialmente previsto, in prosecuzione della procedura in scadenza.
I giudici amministrativi, premettendo che “la questione giuridica che si pone nella fattispecie in esame attiene alla legittimità o meno del provvedimento di sospensione del procedimento di autorizzazione alla prosecuzione della Cigs oltre il termine inizialmente previsto, subordinando l’esito della proroga alle risultanze del procedimento di riesame” e che “il procedimento di autorizzazione alla proroga è stato sospeso in attesa della conclusione del procedimento di riesame che è stato attivato a seguito delle verifiche ispettive finalizzate all’accertamento degli impegni aziendali”, hanno ritenuto che, alla luce del quadro normativo di riferimento, “non emerge la sussistenza di una norma attributiva del potere di sospensione del procedimento di proroga della Cigs in relazione agli esiti del procedimento di riesame”.
E queste considerazioni “trovano una conferma anche alla luce dell’evoluzione della normativa”.
Da tutto questo, secondo il Tar, se ne desume che “il legislatore, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, abbia voluto privilegiare l’esigenza di garantire la continuità aziendale rispetto a quella contrapposta di accertare il corretto adempimento del programma”.
Con il risultato che “deve ritenersi che l’amministrazione resistente, nell’adozione dell’atto impugnato, abbia esorbitato dai limiti riconosciuti dalla legge nell’esercizio del relativo potere attribuito dalla norma, con conseguente illegittimità del provvedimento di sospensione per eccesso di potere”.
ANSA