La politica tarantina s’incontra a Bitetti Live, l’edizione nostrana di Battiti Live. La mozione di sfiducia, il calendario della crisi, la credibilità perduta delle istituzioni cittadine. De Andrè aveva previsto tutto in largo anticipo
Più Bitetti live che Battiti live. Non c’è musica, non s’intravede maestro nella chiassosa politica locale. Come quei pianoforti mai accordati, trascurati, le note seguono i disaccordi del fato. Il suono si fa afono. E’ il Consiglio comunale, emblema di un Palazzo lontano dagli umori della Piazza, di un potere che ha espulso il progetto dal proprio orizzonte semantico, diviene teatro di commedianti alla ricerca della commedia perduta. Dell’epica dei giorni anonimi che sentenziano i passaggi della Storia. Molto di quello che accadrà al sindaco di Taranto (e a quel che resta della maggioranza consiliare) dipenderà dal presidente della più importante assemblea cittadina. Dalle sue scelte. Dal calendario con il quale verrà scandito il tempo della sfiducia protocollata brevi manu.
C’è la Guerra di Piero tra il capoluogo jonico e il ritorno alle urne la prossima estate. “Fermati Piero/fermati adesso”, canta De Andrè. La stessa cosa proverà a dirgli il presidente Emiliano nei prossimi giorni. Fermarsi prima che sia troppo tardi. Fermarsi prima di dopo. Fermarsi perché la marcia è definitivamente compromessa. Con tredici firme predisponi l’avviso di sfratto, ma non liberi la casa. Per tornare in possesso dell’appartamento ne servono altre quattro. Ci sono? Dove trovarle? A chi chiederle? Se Bitetti decidesse per la sfiducia, Fornaro farebbe la stessa cosa. E, a seguire, l’effetto domino coinvolgerebbe Odone e i Sinonimi e Contrario. Quota 17 non sarebbe più un miraggio. In caso opposto, la mozione si arenerebbe. E il “moribondo” Melucci avrebbe una botta di vita insperata. Immeritata. Il passaggio è cruciale: “Sparagli Piero/sparagli ora”. Con pallottole a salve. Perché si salvi la politica dal vivai della gente. Dall’umiliazione delle troppe chiacchiere.