Solo Prodi poteva pensare ad uno così per riproporre la sua idea di un Ulivo 2.0. Un Ulivo riapparso sulla scena in compagnia del batterio della Xylella. Povero progressismo tricolore, confinato nel recinto ideologico del catto-comunismo. Con questi dirigenti non si tornerà più a vincere
Con uno così la sinistra non varcherà più la porta di Palazzo Chigi. Con uno come Ernesto Maria Ruffini, l’anatema di Nanni Moretti torna d’attualità. E cancella la polvere dalla propria invettiva, dopo anni di soffitta. Il federatore, secondo le intenzioni di Romano Prodi, che fodera il progressismo italiano. Rivestendolo di ovvietà, ovattandolo di ragionamenti vacui. Incrociandolo, gli elettori cambierebbero strada. Diserterebbero le urne. Consumerebbero una birra alla faccia di certe facce da esattore delle tasse: celrical-deprimenti. Anche Croce, pace all’anima sua, eliminerebbe seduta stante la famosa negazione dal suo proposito: “Non possiamo non dirci cristiani”. Meglio Ella, cioè Elly, ovvero Schlein a quel punto. Se proprio si dovesse decidere di perdere le prossime consultazioni politiche, si vada pure sull’usato sicuro. Sui campi larghi a digiuno di cultura riformista. Comunque oltre la Breccia di Porta Pia, non prima la fatidica data del 20 settembre 1870.
Papà ministro (Attilio Ruffini), zio cardinale e arcivescovo di Palermo (Ernesto Ruffini), fratello giornalista e prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa sede (Paolo Ruffini), Ernesto Maria è tutto fuorché la novità auspicata da Prodi. Il nome che non ti aspetti. Il federatore-foderatore di un Ulivo 2.0, riapparso nel frattempo sulla scena con il batterio della Xylella. Per i Ruffini più che l’impegno dei cattolici in politica, è la politica ad impegnarsi con i cattolici. Cioè: con loro. Con la propria famiglia. La sinistra italiana non ha bisogno dei catto-comunisti e dei suo falsi profeti. Delle dinastie che replicano se stesse, riproducendo il già visto. Di certe facce da funerale senza il defunto. Non possiamo non dirci laici. Anche in questa Italia che vaticina il nuovo intriso di vecchio.


