Dov’è il presidente del Consiglio in questa tragica vicenda di diritti negati e povertà conclamate? Cosa dice l’inquilina di Palazzo Chigi in merito alla più grande vertenza industriale della storia contemporanea del Paese? Niente. Resta muta come un pesce. Sa solo sobbalzare al grido: “Chi non salta un comunista è!”. La marginalità di Taranto metafora della politica politicienne dei nostri tempi
Non esiste il Governo nei titoli di coda che scorrono sotto il film horror dell’Ilva. Non esiste il ministro dello Sviluppo economico: pasticcione e inadeguato. Non è mai esistita la premier: un presidente del Consiglio sopravvalutato, considerati i tempi grami che si vivono (e ci attraversano). Non s’intravede l’ombra di alcun decisore pubblico nella più grande vertenza industriale della storia contemporanea del Paese. Taranto è stata abbandonata al proprio destino dalla politica politicienne. Dalla politica dei politicanti. Da una classe dirigente d’infanti e codini. “Avvocatucci unti di brillantina, dai piedi sporchi”, per dirla con le parole del Pasolini degli Scritti Corsari.
Un tempo le bombe sociali si tentava di disinnescarle; adesso, invece, si lasciano esplodere girandosi dall’altra parte. Voltando le spalle al destino altrui. Le assemblee dei sindacati davanti ai cancelli delle fabbriche, nella città pugliese, a Genova, ricordano un mondo che non c’è più. Una pellicola di Bernardo Bertolucci. Volatilizzatosi sotto il peso di un capitalismo egoista; dispersosi nelle pieghe – e nelle piaghe – di modelli novecenteschi d’intermediazione.
Questa è l’idea dominante di una destra che azzera i diritti; e sconfina in una sovranità che sogna la democrazia plebiscitaria. Questo è il risultato di una sinistra che insegue i radicalismi senza costrutto, prediligendo i carri allegorici alle povertà vecchie (e nuove) di larghi strati della popolazione. Votata all’improvvisazione populista più che alle fatiche dello studio riformista. La marginalità di Taranto allarga le maglie di una rete già piena di buchi. Di una pesca a strascico che raccoglie ritardi e cela disillusioni. I 25 mila nuovi disoccupati della vecchia ferriera, delle imprese delle indotto, dei fornitori, diventano da questo momento un problema ulteriore. Che unisce facendo cessare le divisioni di questi anni. Che coagula i diversi egualmente ingannati. Industralisti. Ambientalisti. Per loro, per noi, domani non sarà un altro giorno. Ma la prosecuzione senza ritegno, infingarda, di una notte che proprio non vuole passare.


