domenica 3 Dicembre 23

CALVINO’S WAY

di Marco Tarantino

Full immersion per la decima edizione di ‘Libriamoci’ tra i tre plessi castellanetani del ‘Flacco’ e quello palagianese dello ‘Sforza’, tra ‘Lezioni americane’ e la ‘Trilogia’: sull’autore che – a cent’anni dalla nascita e a trentotto dalla morte – ha rivoltato come una zolla nel podere la letteratura italiana (non solo) del Novecento

FARA’ IN TEMPO, Italo Calvino, a compierne anche duecento, e poi trecento: non sparirà mai. Foscolo, ossimoro vivente, meccanicista militante e nel contempo dissidente, scrisse un paio di secoli fa: è l’ultima, ma anche l’unica cosa che ci resta: se tagli per bene la siepe ai tuoi cari – grati- resterà di te un tatuaggio sul cuore; se inventi una medicina o scrivi la Divina passerai alla Storia. Ma cercate di capire che non fa differenza.

Il ricordo (degno) è l’unica possibilità che esista un’anima.

Così Calvino, che un secolo o l’altro ne farà duecento e quattrocento ma che non ha fatto in tempo a farne 62, nel settembre del 1985, siccome un ictus bastardo lo gambizzò a Castiglion della Pescaia e lo traghettò alla Porta Nera nell’ospedale di Siena, sua ultima patria da giramondo inesausto, Cuba per nascita occasionale, poi Sanremo, militanza partigiana opponendosi alle milizie dei repubblichini di Salò, Roma, Parigi dove storicamente si respira(va) l’aria di chi crea e non aspetta rimbalzi, sua moglie Esther, una produzione sterminata, la fama internazionale, l’ossimoro realismo magico che forse era stato inventato per i bardi latinoamericani, da Garcia Marquez in su e in giù e forse invece, chissà, proprio per lui.

CALVINO non aveva bisogno di farne cento dalla nascita, un mese fa, perché si riattizzasse il camino sulla sua grandezza anomala, il verismo che va al pub col surreale, il possibile che annega nel paradosso e proprio per questo si sostanzia e ci illumina. Ma si sa, gli anni tondi ispirano torte con candeline necessarie e tutto sommato le occasioni conviene prenderle, per metterne almeno una in più nello zaino. Lo ha fatto, come sempre, l’anima poetica del ‘Flacco’, Tiziana Cetera, che con la sua degna complice e vicaria dell’Istituto, Maria Rosaria De Vincenzo, da anni porta avanti un’ostinata ricerca delle pagine profumate che contano e quando il covid ti gambizza, che importa? Ci sono sempre le piattaforme. Vale tutto, basta non fermarsi. Basta crederci, come se fosse facile. Basta insistere, come se fosse facile.

Adesso lo è un po’ di più, fuori da protocolli e mascherine. Fuori dall’Incubo, sinché dura oppure no.

Come se fosse – improvvisamente – davvero diventato facile.

Sabato 18 i bienni finali dei tre plessi del ‘Flacco’ di Castellaneta e quello dello ‘Sforza’ di Palagiano, nell’ambito della decima edizione di ‘Libriamoci: giornata di lettura nelle scuole’, hanno incontrato ed esplorato, più che celebrato, Italo Calvino.

ANEDDOTI, approfondimenti, ricerche, riassunti, analisi e contributi personali hanno caratterizzato gli interventi, rimbalzando da un auditorium all’altro (il ‘7 febbraio’ di Castellaneta, lo ‘Sforza’ di Palagiano), di un reading sanamente cartaceo per quella che un tempo era ordinaria comprensione e che adesso è diventata ordinaria eccezionalità. Curata – ovviamente – dalla prof Cetera (accompagnatori e a vario titolo preparatori i prof Losavio, Stigliano, Colapietro, Casulli e Giannico), la mattinata di sabato 18 ha incrociato i plessi del ‘Flacco’ tra letture, contributi e riflessioni; contornati, come nel caso dell’auditorium ‘Sforza’, dal sottofondo musicale e dalla strumentazione assistita del giovane mago Gabriele Pontassuglia (3B Afm). Proprio nell’istituto palagianese, dettagliato e allestito splendidamente dalla prof. Daniela Montemurro, i ragazzi della 5B Afm e della 5A LS hanno letto e commentato brani dalla ‘Trilogia’ e dalle ‘Lezioni americane’; che Calvino non fece in tempo a completare, attaccando appena la sesta, e che sua moglie Esther avrebbe fatto pubblicare nell’88 (“Per lui era diventata un’ossessione”). Leggerezza, rapidità, visibilità, tra gli altri; citando ad incastro, i ragazzi della 5A LS (Gianni Donvito, Maya Curione, Gabriele Catanzaro, Giorgia Pagliaruli), scritti di Stevenson, Eco, Emerson. O anche, infine, di Rita Levi Montalcini, a proposito del coraggio (‘Bartleby lo scrivano’ di Melville) di dire no: “Bisogna uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi”.

Bartleby, ribellione, coerenza e coraggio furono, sarebbero stati l’architrave della sesta e ultima lezione di Calvino per Harvard. Non fece in tempo.

Fece eccome, a pensarci.

Se per sognare si farà sempre in tempo, nelle praterie della speranza, dove ribellione e sogno di cavalcare insieme non smetteranno mai.

 

Forse.

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