martedì 11 Febbraio 25

Ferramonti: la salvezza dietro il filo spinato

di MATTEO R. DUSCONI

La figlia di David Ropschitz ha presentato, presso la libreria Ubik, le “memorie” del più grande campo di internamento italiano

Negli ultimi anni della sua vita, il medico psichiatra David Henryck Ropschitz decise di scrivere la sua storia personale di sopravvivenza durante la guerra: la figlia Jolanda ha raccolto i manoscritti in un libro “Ferramonti, la salvezza dietro il filo spinato”.
Ropschitz narra il percorso da un’infanzia agiata nella Vienna degli anni ‘20 ai suoi studi di medicina negli anni ‘30 in Italia, fino al suo ingresso forzato, nel 1940, ad opera del governo fascista, nel più grande campo di internamento italiano, il “Ferramonti di Tarsia”..
Ricorda con tenerezza ed umorismo i tre difficili anni passati nel campo: le amicizie, gli amori, le privazioni, la fame e la costante, incredibile incertezza.

Il racconto perciò ci porta in un viaggio complesso “dal filo spinato alla libertà”, esplorando lungo il percorso i temi della fede, dell’umanità, e della psicanalisi. La figlia, Yolanda Ropschitz – Bentham ha voluto presentare il libro a Taranto  dialogando con la presidente di #Ante Litteram, Annalisa Adamo, ripercorrendo ancora una volta le “memorie della memoria”. Ai lavori – che hanno avuto luogo nella sala incontri della libreria Ubik –  ha partecipato un pubblico molto interessato, tra cui il presidente del Comitato scientifico del Crac Centro di ricerca Arte Contemporanea, Giulio de Mitri, la presidente dell’associazione Italia-Israele, Eugenia Graubardt.

Cosi ha introdotto i lavori il presidente di #Ante Litteram, Annalisa Adamo che ha voluto fortemente questa presentazione (non facile, ma con una efficace traduzione simultanea: “il racconto di David Henryk Ropschitzva oltre il racconto di Ferramonti e della vita di Ferramonti, è un racconto legato alla sua vita, quindi questa voce è ancora più importante, perché è la “memoria della memoria” ovvero quello che il padre ha voluto raccontare a sua figlia.”

Così Yolanda Ropschitz. E’ un onore essere qui a Taranto, e rappresentare qui mio padre e anche gli altri “internati” di Ferramonti. Mio padre iniziò  a scrivere questo libro negli ultimi anni ottanta (Ropschitz morì nel 1986 a 73 anni ndr) ma per tanto tempo il manoscritto è rimasto inedito. Per caso, nel 2015, ritrovando un “gruppo Ferramonti” su  Facebook mi sono decisa nel 2016a far visita al museo del campo. Lì ho incontrato Simona Celiberti, volontaria nel campo di Ferramonti per venti anni, un esempio di grande devozione, una testimone di grande importanza, egrazie a lei ho passato quattro anni a fare ricerche, ritrovare testimonianze e fotografie in tutto il mondo, e ridare vita agli scritti di mio padre. Dopo altre tre visite a Ferramonti di Tarsia sono riuscita a pubblicare nel 2020 questo libro e la  stessa Celiberti si è offerta generosamente come traduttrice ufficiale; in questo modo la storia di mio padre e le sue esperienze, la sua salvezza, possono essere lette dalle persone più legate a quei momenti, gli italiani. Gli italiani. Mio padre ha sempre amato l’Italia  e questo amore per il vostro Paese mi è stato trasmesso fin da bambina durante le vacanze in Italia. Io sono nata in Inghilterra ma il mio cuore rimane sempre italiano.”

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