Il costo della vita, il lavoro precario, la disoccupazione femminile e la mancanza di una rete di aiuti efficace: per combattere il calo demografico ci vuole ben altro che la Social Card
L’ultimo italiano nascerà tra 200 anni.
Potrebbe sembrare l’inizio di un libro ambientato in un futuro distopico ma, secondo lo studio “Rinascita Italia”, presentato all’inizio di settembre durante il forum Ambrosetti a Cernobbio , lo scenario è tutt’altro che irrealistico.
Il calo delle nascite è un’evidenza certificata dai dati dell’Istat, al punto da diventare centrale nella Manovra 2024 del Governo Meloni: “Una donna che ha messo al mondo due bambini ha già fornito il suo contributo allo Stato“, ha affermato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante la conferenza stampa in cui ha spiegato, tra gli altri provvedimenti, la decontribuzione prevista per le mamme lavoratrici.
Agli italiani, quindi, oltre alla lotta ormai quotidiana al rincaro di tutto ciò che è possibile acquistare, dalla casa al pane, e alla battaglia per un posto di lavoro che abbia una continuità superiore ad una delle quattro stagioni in cui si divide l’anno, si aggiunge una certa ansia da prestazione: i media incalzano, il tempo biologico scorre e ci si ritrova a sentirsi quasi in difetto se, ad una certa età, non si è ancora messo su famiglia.
Eppure, fatte salve le scelte personali e sacrosante di ognuno, quello che la classe politica italiana sembra ancora non aver capito, a qualunque bandiera appartengano i suoi esponenti, è che fare figli al giorno d’oggi ha il sapore di un’impresa eroica.
Secondo un recentissimo studio dell‘Osservatorio Findomestic, infatti, la spesa mensile per ogni figlio è di 462 euro, il 15% in più rispetto all’anno precedente.
Tra le voci aumentate, principalmente a causa dell’inflazione, quelle della spesa alimentare, scolastica e dell’abbigliamento.
Il caro vita, quindi, influisce sulla scelta di avere figli? La risposta, sempre secondo i dati dell’Osservatorio, è affermativa. Tra gli italiani che non hanno ancora figli, infatti, 4 su 10 non hanno alcuna intenzione di mettere su famiglia, principalmente a causa del contesto socio-economico.
Che è fatto, si badi bene, non solo dai rincari ma anche da una serie di criticità ulteriori e spesso interconnesse, che sono difficilmente risolvibili soltanto con la Social card da 380 euro una tantum, con il bonus benzina o l’aumento dell’assegno unico.
Servono misure ben più ampie per rinforzare il potere d’acquisto degli italiani, che negli ultimi 12 mesi hanno dapprima tagliato le spese considerate non necessarie (una su tutte quella dei viaggi), poi risparmiato via via su settori sempre più essenziali, fino ad arrivare al cosiddetto carrello della spesa: secondo Coldiretti un terzo delle famiglie del nostro Paese ha ridotto la quantità di cibo acquistata mensilmente.
Necessario, ad esempio, intervenire sulla questione lavorativa, incentivando i contratti a tempo indeterminato: obiettivo perseguito da un provvedimento specifico, compreso nella Manovra 2024, che si auspica possa contribuire a rendere più solida la percezione della propria condizione economica da parte dei nuclei familiari, in concomitanza con la lotta alla disoccupazione femminile.
Per risolvere efficacemente quest’altro incancrenito e tutto italiano è, per esempio, indispensabile rafforzare la rete di aiuti a disposizione delle famiglie: asili nido gratuiti e aperti a tempo pieno, che possano scardinare il binomio mamma/lavoro part-time (e poco retribuito), così come strutture in grado di permettere ai genitori di lavorare serenamente anche durante la stagione estiva e senza sborsare cifre da capogiro, tali da costringere le coppie a valutare se non sia più conveniente optare per non lavorare.
Insomma, oltre al battage mediatico sul calo demografico è imperativo continuare ad insistere su tutto ciò che ancora manca per permettere agli italiani di costruire solide fondamenta per le proprie famiglie, per non aumentare ulteriormente, oltre al numero dei nuovi nati, anche quello dei nuovi poveri.