“La nomina di un Commissario Speciale e il varo di una Legge Obiettivo per Taranto, creerebbero le condizioni temporanee da ‘safety car’ divenute ormai necessarie nella situazione tarantina. Solo cosi potrà prendere avvio lo sperato, e troppe volte declamato, progetto di transizione”
“Basta tergiversare ulteriormente. Sull’ex Ilva si passi dalle parole ai fatti. Una volta per sempre. Salvaguardia della salute pubblica e continuità lavorativa, una continuità che non si confonda con logiche assistenziali (e parassitarie), rappresentano le due direttrici lungo le quali costruire un nuovo modello di politica industriale. E una stagione rinnovata di relazioni pragmatiche, laboriose tra impresa e territorio di riferimento.” Lo affermano in una nota gli esponenti di Aigi Taranto.
“Per far questo, riteniamo, sia necessario il ruolo dello Stato. Che, nei casi eccezionali, e quella tarantina è una vicenda straordinaria, non comune, è chiamato a fornire risposte. A trovare soluzioni. Cominciando dalla natura giuridica che dovrà essere assegnata allo stabilimento siderurgico. – Sottolineano – Mediante un coinvolgimento diretto dell’autorità pubblica; o, in alternativa, con società dalla stessa partecipate. Il riferimento potrebbe ricadere, per esempio, su Cassa Depositi e Prestiti.
La nomina di un Commissario Speciale poi, un manager esperto in siderurgia, e il varo di una Legge Obiettivo per Taranto, sulla falsariga di quanto già realizzato a Genova con il ‘Ponte Morandi’, creerebbero le condizioni temporanee da ‘safety car’ divenute ormai necessarie nella situazione tarantina. Solo così si potrà avviare una reale fase di passaggio tra vecchio e nuovo. Solo cosi potrà prendere avvio lo sperato, e troppe volte declamato, progetto di transizione.
Lo Stato, però, immetta liquidità nelle casse dell’azienda. – Si legge nella nota – Non meno di 4 miliardi di euro, se realmente si auspica un rilancio degli impianti. Se concretamente si vuole perseguire un modello produttivo incentrato sulla cosiddetta decarbonizzazione equilibrata. Se l’autosostenibilità economica della fabbrica, mediante il graduale annullamento delle fonti fossili, e il varo di 4 forni elettrici e 4 impianti DRI, diventi non più una chimera ma un risultato concreto. Reale. Tangibile.
Il tema dell’approvvigionamento energetico poi, in un quadro siffatto, diviene la prova del nove per le nostre istituzioni. – Proseguono gli esponenti di Aigi – Interesse generale della nazione e aspettative delle comunità locali potrebbero determinare il varo di un sistema di royalties. Un modello di ristori sapientemente posto in essere; e in grado di bilanciare responsabilità (condivise) ed investimenti realizzati. Il generale e il particolare contemplati assieme.
Serve porre in essere un nuovo Patto per Taranto. Incentrato sui ‘si’ più che sui ‘no’ ad oltranza. Sul risultato da conseguir in luogo di un disfattismo paralizzante. Nessun posto di lavoro verrà perso se, tutti assieme, sapremo fare massa critica per l’interesse precipuo del territorio.
Con la filiera dell’acciaio chiusa mediante commesse importanti di lavoro da assegnare a questa città e alla sua provincia. – Affermano – Pensiamo a Fincantieri, alla cantieristica navale pesante, che vedono le lamiere prodotte a Taranto trasportata a 1000 km di distanza, in quel di Monfalcone. Una follia produttiva. Un’eresia commerciale. Se non vogliamo essere responsabili del peggior inquinamento della nostra storia contemporanea, quello che sommi le mancate bonifiche e l’avanzata incessante della desertificazione economica, è arrivato il momento di cambiare registro.
Lo faccia, ripetiamo, lo Stato. Lo facciano le istituzioni cittadine. Lo facciano le associazioni di categoria. – Concludono – Noi, come AIGI, siamo pronti a abbracciare il cambiamento. Ma, farlo da soli, non avrebbe molto senso.”


