“Bisogna far uscire il malato dal perenne coma farmacologico nel quale è stato indotto perché attraverso la sua sostenibilità trovi gli anticorpi e la forza di sostenere la transizione possibile”
Su Ilva – fa sapere AIGI nella nota – la strada andrà tracciata ripartendo dalle dichiarazioni, di queste ultime ore, del ministro Urso.
“Con l’elaborazione di una road map alla quale, noi di AIGI, crediamo da sempre. Sostenendo l’unica – e vera – possibilità esistente per salvare, e rilanciare, il sito produttivo di Taranto, attualmente unica fonte di reddito trainante primario accanto e non in contrasto con differenti modelli economici che mai potranno sostituirsi ma solo integrarsi con il nostro patrimonio metalmeccanico. Così come avviene nelle più grandi città turistiche come per esempio Genova e Trieste”.
Una sorta di programma dettagliato. Concreto. Che porti, l’industria siderurgica, ad entrare nel futuro. Con una transizione ecologica graduale – aggiunge – senza cesure. E accelerazioni improvvise che non risolvono, ma esacerbano oltremodo i problemi. Amplificandoli oltre il consentito. Serve, a tal proposito, riattivare immediatamente i tre altiforni perché si possa parlare, con cognizione di causa, di sostenibilità economica della fabbrica.
Bisogna far uscire il malato dal perenne coma farmacologico nel quale è stato indotto – continua la nota – perché attraverso la sua sostenibilità trovi gli anticorpi e la forza di sostenere la transizione possibile. L’accanimento della cura induce alla morte e con la morte nessuna transizione sarà possibile. E, considerato che i fondi ci sono, che le risorse sono state trovate da tempo, procedere spediti alla costruzione del primo impianto DRI. I tre altiforni elettrici, con i tre DRI, realizzati in un tempi ragionevoli, entro i prossimi 4 anni per esempio, darebbero una prospettiva nuova alla più grande azienda italiana. E, di fatto, si determinerebbe quel graduale – e necessario – abbandono delle fonti fossili: linea di demarcazione, limes, tra un siderurgico del Novecento e una realtà industriale autenticamente moderna. La nuova Ilva in questa fase, nel passaggio tra quello che era e quello che sarà, una sorta d’interregno della politica industriale e dei suoi propositi, andrà gestita da un soggetto economico (e finanziario) misto: sia pubblico che privato. “Solo così, crediamo, potranno affrontarsi gli ingenti investimenti che, inevitabilmente, un processo di de-carbonizzazione di queste proporzioni comporta. In quest’ottica portare una nave rigassificatrice a Taranto, acquisiti tutte le garanzie concernenti l’impatto ambientale, rappresenta un passaggio fondamentale se vogliamo conservare il primato della produzione di acciaio primario nel Paese.
La cornice giuridica, l’impalcatura legislativa di questo rinnovato modello industriale e gestionale non potrà che essere il varo di una legge speciale per Taranto. Sulla falsariga di quanto già fatto per il Piano Genova. AIGI, al pari di un monolite, persegue da sempre questi propositi. Senza ripensamenti. E indietreggiamenti opportunistici. Per le aziende molto è stato fatto, ancora rimane in piedi qualche questione relativa alle tardive e alla risoluzione delle problematiche IFIS ed IFIBANCA. Il progetto è questo, non ve ne sono altri. In caso contrario la decisione assunta da Semat Sud, verso la quale noi di AIGI esprimiamo solidarietà e vicinanza, i licenziamenti collettivi avviati, rappresentano soltanto l’inizio di un terremoto sociale che purtroppo avevamo preannunciato e che inizia a delineare i suoi nefasti effetti. Taranto è una polveriera. Gli scioperi di questi giorni lo dimostrano. Serve che il premier Meloni ci ascolti. C’incontri. Metta la faccia assieme a noi, assieme ai lavoratori, assieme a tutti gli abitanti di questa città e della sua provincia. Noi di AIGI saremmo onorati di accompagnarla in questa passeggiata che preannunci l’avvenire.”


