Intervista a Michele De Pace, vicepresidente di Confindustria Taranto. “Con i forni elettrici torneremo ai vertici mondiali della produzione d’acciaio. Una produzione green”. E su alcune frange dell’ ambientalismo locale: “Vorrebbero tornare al Medioevo, conservando tutti i comfort della modernità”
Vicepresidente De Pace, nel Consiglio di fabbrica tenuto questa mattina si è ribadito il no secco alla chiusura dell’Ilva.
“Chiudere l’Ilva, in questo momento, sarebbe opera di pazzi scalmanati…”.
Si spieghi meglio.
“Come fai a chiudere la fabbrica proprio adesso, in questo specifico frangente storico, dopo anni di battaglie e di cocenti sconfitte? Di speranze tradite e bidoni economici accumulati? Come si può pensare di alzare bandiera bianca con un piano di de-carbonizzazione licenziato dal Governo? E’ vero che noi tarantini, in talune circostanze, indugiamo nell’arte del masochismo. Ma non si esageri con questa prassi. E con le corbellerie dispensate a mezzo stampo”.
Le corbellerie a mezzo stampa?
“Si, l’altro giorno su un quotidiano locale ho letto l’intervento di un ambientalista. Farneticante. Diceva che il gas inquina più del carbone. Cosa assolutamente non vera. Lontana anni luce da una minima attendibilità scientifica. La verità, semmai, è un’altra”.
Qual è la verità?
“Che certo ambientalismo confonde i mezzi con i fini. Il fine è giusto, ma i mezzi messi in campo perché lo stesso possa perseguirsi lasciano parecchio a desiderare. Chiudere l’Ilva così, d’emblèe, di primo acchito, lascerebbe sul campo solo morti e feriti. ‘Regalerebbe’ a tutti i tarantini una grande bomba ecologica ad orologeria. Pronta ad esplodere in qualsiasi momento. Impossibile da disinnescare senza le tanto invocate bonifiche”.
La nuova Aia soddisfa la sua associazione, Confindustria?
“Tutte le Autorizzazioni integrate ambientali sono perfettibili, ma consideriamo questo documento un buon inizio. Uno spartiacque tra passato e presente. Per renderlo migliore sarà necessario scrivere, tutti assieme, un Accordo di Programma che raccolga le istanze di Taranto e dei tarantini”.
Cioè?
Il passaggio ai forni elettrici riporterà la realizzazione di acciaio ai vertici della produzione mondiale. Taranto serve al resto del Paese più di quanto il resto del Paese non abbia servito Taranto. E’ ora di cambiare verso alla Storia. Di reinvestire parte degli utili conseguiti per il benessere della collettività. Dando le leve a quel che, parafrasando un’espressione cara al modello renano, nell’opulenta Germania, si definisce capitale sociale di mercato”.
Le organizzazioni ambientaliste denunciano i rischi di una fabbrica che inquini tanto se non più di prima.
“Altra affermazione parecchio discutibile. Siamo l’unica acciaieria in Europa ad avere i Parchi primari e secondari completamente coperti. L’unica ad avere un sistema di trasporto del minerale, dal Porto agli impianti, in regime di sicurezza. A Rotterdam, per esempio, si scarica ancora in banchina. I filtri Meros, poi, hanno abbattuto notevolmente le fonti inquinanti. Come vede si continua con le fake news…”.
No, per favore, non scomodiamo le fake news.
“Quanto l’ecologismo indossa l’abito ideologico per uscire di casa, la serata rischia di volgere al peggio. No alla de-carbonizzazione dell’Ilva. Con il rischio che altri territori italiani, Genova e Gioia Tauro per esempio, ne aproffitino a nostre spese. No ai termovalorizzatori. No ai dissalatori. No al nucleare di nuova generazione. E’ un no a tutto. Predeterminato. Preconcetto. Questi signori vorrebbero tornare al Medioevo, conservando tutti i comfort della modernità. Una sorta di grande maionese dell’ipocrisia”.