Cosa nasconde l’Esecutivo sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? Si conosce poco, pochissimo sulla realizzazione concreta dei diversi interventi. E intanto il Mezzogiorno si allontana sempre più dal resto del Paese
L’atteggiamento del governo sul reale stato di avanzamento del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) mostra ancora gravi lacune e preoccupanti opacità. Tutto ciò impedisce una valutazione qualificata di quanto è stato fatto finora, proprio alla vigilia della nomina come commissario europeo del ministro Raffaele Fitto. Un comportamento, quello dell’Esecutivo, incomprensibile. Avvolto in una nebulosa di non-detto. Il fatto quindi che i dati sulla spesa per singolo progetto non vengano resi pubblici porta a due conclusioni possibili. O il governo non sa esattamente come ha gestito i fondi del Pnrr oppure si cerca di nascondere le situazioni più difficili. In questo caso la domanda sorgerebbe spontanea: cosa nasconde l’esecutivo sul Pnrr? Quale che sia la risposta a questa domanda, riteniamo inaccettabile questa mancanza di trasparenza a meno di due anni dalla conclusione del Piano. A maggior ragione considerando che si è appena conclusa una profonda opera di revisione del Pnrr che avrebbe dovuto rendere più agevole la sua attuazione. Tale riforma però evidentemente tarda a produrre effetti. Il fatto che il governo (con le sue varie articolazioni) sia in possesso dei dati circa la spesa dei singoli progetti ma sia restio a pubblicarle potrebbe essere confermato anche da una recente innovazione normativa contenuta nella legge di conversione del Dl omnibus.
In sintesi, le Amministrazioni titolari potranno erogare i fondi fino al 90% del costo dell’intervento finanziato entro 30 giorni dall’invio della richiesta da parte del soggetto attuatore. Gli stessi ministeri avranno poi la possibilità di effettuare i controlli sulla documentazione inviata in un secondo momento: “al più tardi, in sede di erogazione del saldo finale dell’intervento”. Sembra abbastanza evidente la volontà, attraverso questa innovazione, di aumentare in maniera significativa e in breve tempo i dati sulla spesa sostenuta. Ma perché sono così importanti i dati sulla spesa? In maniera estremamente semplificata, possiamo dire che ogni progetto (che sia la realizzazione di un’opera o la fornitura di un bene o un servizio) si suddivide in due fasi principali. Innanzitutto c’è la parte che possiamo definire procedurale e che precede l’avvio concreto dei lavori. In questa fase, ad esempio, si definiscono le tipologie di interventi da realizzare. Inoltre si decidono i criteri per la selezione dei soggetti beneficiari, si pubblicano i bandi. Monitorare questi aspetti è relativamente più facile perché le pubbliche amministrazioni sono obbligate per legge a documentare i vari passaggi attraverso degli atti ufficiali.
Ed è proprio su questi aspetti che si è concentrato anche l’esecutivo quando recentemente ha parlato delle misure del Pnrr già attivate. Ovvero quegli investimenti e quelle riforme per cui la parte procedurale si è già conclusa o è in via di completamento. Tuttavia, pur essendo importanti le informazioni sugli aspetti procedurali non dicono molto sulla realizzazione concreta dei diversi interventi. Da questo punto di vista il parametro di riferimento sono le erogazioni fatte alle ditte vincitrici degli appalti. Generalmente infatti tali fondi non sono consegnati tutti insieme a fine lavori. Ma a intervalli regolari in seguito al raggiungimento di determinati livelli di realizzazione delle opere. Per questo le varie ditte devono redigere un documento chiamato Sal (stato di avanzamento lavori) in cui vengono certificati i progressi fatti. Sapere quanti fondi sono già stati spesi per una singola opera è quindi un elemento fondamentale per comprendere se l’intervento sta procedendo e in che misura. Della serie: pochissime informazioni, molte chiacchiere sotto il cielo italiano del Pnrr.