Con un calo del 40,3% nella movimentazione delle merci a giugno 2024, la situazione si prospetta critica. Le associazioni chiedono un ripensamento strategico per il rilancio delle attività portuali
Il porto di Taranto continua a vivere un anno difficile, avviandosi verso un “minimo storico” nella movimentazione delle merci. A giugno 2024, il calo generale si attesta al 40,3% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Sebbene ci siano segnali di ripresa nel traffico dei prodotti petroliferi, grazie alla prossima conclusione dei lavori al pontile petroli del progetto Tempa Rossa, la situazione rimane critica.
Particolarmente preoccupante è il crollo delle Rinfuse Solide, che segna un -44,4% a giugno, principalmente a causa della crisi profonda del centro siderurgico ex Ilva, che nel 2024 registrerà un record negativo nella produzione di acciaio. Anche gli sbarchi e gli imbarchi mostrano segni negativi, rispettivamente -49,9% e -20,5%, mentre il totale delle merci varie subisce un -54,5%. Il settore dei container è in una situazione allarmante, con un calo del 78,9% rispetto al mese precedente, e il totale dei container movimentati scende a -90,8%.
In questo contesto, è fondamentale evitare illusioni e affrontare i problemi con professionalità e concretezza. “Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti deve valutare attentamente le cause della mancata realizzazione della vasca di contenimento dei materiali di escavo, un’opera cruciale per i dragaggi dei fondali del molo polisettoriale, i quali sono stati attesi con grandi speranze per lo sviluppo delle attività portuali”, dichiarano in una nota congiunta Confesercenti, Confimprese, Unsic e Upalap.
I dragaggi sono essenziali per la sopravvivenza dell’hub di transhipment, come stabilito nei protocolli di intesa del 2009 e del 2012, che prevedevano la loro realizzazione entro il 2015. Tuttavia, la banchina del molo polisettoriale, pur essendo stata riqualificata nel 2017, non potrà disporre dei fondali necessari per operare con navi portacontainers di ultima generazione.
Le aree del terminal sul molo, con una concessione dal 2019 alla “Taranto San Cataldo Container”, hanno movimentato solo 675 mila tonnellate di merci in container in quattro anni, un risultato ben lontano dalle aspettative iniziali. È quindi cruciale capire se continuare con questo contratto e a quali condizioni.
Purtroppo, il limitato pescaggio del molo polisettoriale lo rende poco appetibile per tornare alla sua funzione originale di hub di transhipment, mentre i principali operatori dello shipping nel Mediterraneo si sono consolidati in altri porti, con contratti e servizi strutturati. Attualmente, il molo ha solo un concessionario terminalista, senza armatore né volumi di traffico significativi.
“Non è certo con l’arrivo transitorio di uno o due piccoli feeder che si risolve il problema dello sviluppo commerciale, operativo, sociale ed economico del molo polisettoriale e del porto di Taranto. – prosegue la nota – Sarà necessario un organico e complessivo ripensamento sull’utilizzo delle aree demaniali in relazione agli attuali fondali e al reale potenziale mercato. Il molo polisettoriale rappresenta ancora un patrimonio infrastrutturale con grandi potenzialità di sviluppo”.
Per chi gestirà il porto di Taranto, sarà fondamentale abbandonare la monocultura del transhipment e identificare opportunità di diversificazione concrete. “Auspichiamo quindi iniziative decisive da parte del Ministro e della Presidenza del Consiglio, in collaborazione con la Regione, enti locali e rappresentanze sindacali e imprenditoriali, per superare l’attuale incertezza sul futuro del porto e dell’economia di Taranto”, concludono.