La rinascita di Napoli. La ribalta di Bari. L’agonia di Taranto. Tre racconti delle tre più grandi città del Mezzogiorno penisulare. Il monito di Gramsci sul vecchio e sul nuovo che si ostacolano a vicenda
Delle tre grandi città del Mezzogiorno peninsulare, Taranto è quella messa peggio. Indefinita senza soluzioni di continuità. Recalcitrante alle novità. Napoli ha ripreso a pensare – e a pensarsi – come capitale politica ed economica del vecchio Regno delle Due Sicilie. Bari vive la sue dimensione levantina adattandola allo spirito del tempo. Conserva l’eredità ricevuta, spende con parsimonia la ricchezza accumulata. Una sorta di equilibrio furbo. A suo modo reattivo. La città di Archita, invece, è tempo che si avvita su se stesso. Circolarità dei perdigiorno. La massima coniata da Antonio Gramsci sembra inchiodarla alla perfezione: “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri”.
L’elenco sarebbe lungo. Dei mostri, intendiamo. E delle mostruosità restituite. Complice una classe politica impalpabile, a corto dì idee, triste, straordinariamente ordinaria, lo spazio pubblico è stato occupato da altri. Dagli opportunisti del pensiero. Dagli affabulatori della chiacchiera. Gli esteti del cazzeggio distruttivo. Il passaggio dal progetto al soggetto (narcisistico) ha disperso la nostra identità collettiva. E non schiuso la porta per ricercarne una nuova. Siamo città industriale, ma vorremmo abbracciare un ecologismo integrale. Dell’improvvisazione. Del tutto e subito. Con il risultato che non riusciamo, in maniera compiuta, ad agganciare né l’uno né l’altro modello. Da fuori c’invitano a tirar fuori l’orgoglio mediterraneo, la nostra storia magnogreca, che non può iniziare e finire evidentemente con i soli Giochi, ma nei nostri colloqui privati derubrichiamo la vicenda ad inutile speculazione intellettuale. Con il mare che bagna Taranto, ma non i tarantini, a guardarci ancora una volta incredulo e indispettito.
L’università locale è una succursale, il sottoscale di un’abitazione altrui. Non nutriamo neanche la nobiltà tenera della Terza Età. Del non è mai troppo tardi per mettersi a studiare. Il Porto movimenta ormai meno traffici e container non di Bari, Brindisi e Manferedonia. Ma di Gallipoli. Siamo città metropolitana nei fatti, senza esserlo in punta di diritto. Come il fuoco di Eraclito, che quando vince soccombe, ci crogioliamo nel ruolo di grande promessa a lungo disattesa. Potevamo – e possiamo – essere una grande opera. La più grande che ci sia. Preferiamo restituirci in mille frammenti.