Tutto diviene maledettamente normale a Taranto. Anche chiedere leggi speciali per venire fuori da un Accordo di Programma scritto con i piedi. Senza un’idea coerente di sviluppo economico, la città jonica scivola nell’anonimato. Divenendo un Sud a Sud del mondo
Una città inconsapevolmente straordinaria nella propria ordinarietà. Iscritta al club dei diversi perpetui senza saperlo. Protagonista di stagioni politico-economiche azzerate dai cambiamenti climatici. Taranto è un’equazione non riuscita, l’eccezione che (non) conferma la regola. Un luogo da very normal people. Tutto diviene normale nella municipalità dalle novità negate. Dei protagonismi improvvisati. Normale nelle ambizioni nutrite, nella subalternità ricercata, nella rassegnazione esibita. Normale nelle classi dirigenti prodotte. Nell’uccisione del merito (per la cronaca: le ricerche sull’omicida, sul responsabile dell’efferato delitto sono, da anni, trascinate in un punto morto!). Con la storia e la geografia in perenne lite tra loro; e impossibilitate nel tracciare un limes netto, certo, tra il presente e il progetto. Persino le leggi speciali richieste, per uscire da imbarazzi a lungo coccolati, preparati con cura, coltivati da una proverbiale – e autoctona – indolenza, risentono di questa normalità stantia. Geneticamente (im)modificata. Una normalità da rassegnati cronici. Da non consuete consuetudini.
Venisse meno l’Ilva, la sua presenza equivoca sul territorio, gli Accordi di Programma improbabili, incerti tanto quanto la lingua italiana parlata dal ministro Urso, il dilemma dei diritti inalienabili spacciati come tara irrinunciabile di una modernità votata al caos, Taranto diventerebbe un anonimo capoluogo di Provincia. Una città ordinaria a Sud del Sud. Al pari di Catanzaro, Ragusa, Benevento: lontane dalla ribalta nazionale, periferie estreme dell’impero. Una città non muta il proprio destino dalla sera al mattino; non devia rispetto alle curve che la storia le frappone davanti. Non trapassa l’industrialismo coatto, sindacalizzato, per approdare ad un’economia dei servizi avanzati così, all’improvviso, con il semplice scrocchiare le dita. L’ambientalismo serio queste cose le sa benissimo. E la politica, oggi, non può richiedere leggi speciali per Taranto con il solito passo normale. E la flemma che accompagna gli sfigati di professione.
Avere corsi universitari autonomi non ha nulla di speciale per una città di circa 200 mila abitanti. Lecce e Foggia in Puglia, senza scomodare Bari, contano tutto questo da decenni. Annoverare una sanità che funzioni, due Pronto Soccorsi invece che uno, è normalità che si offenderebbe di brutto se confusa con il suo esatto contrario. Accelerare sulle bonifiche è la sufficienza strappata a malapena per un territorio devastato come il nostro. Speciali, eccezionali, autenticamente diversi, avremmo potuto esserlo. Da diverso tempo. Ma non è una nostra prerogativa. Taranto città metropolitana è un esempio. Taranto unica sede regionale dell’Autorità di sistema portuale è un altro esempio. Taranto hub nazionale della ricerca avanzata, del rapporto tra Intelligenza Artificiale e cure mediche, è un caso ulteriore. Prospettive speciali senza alcuna legge speciale da richiedere prima di Ferragosto. Nella comunità del very normal people le nostre frequenze radiofoniche si sintonizzano sul mal comune mezzo gaudio. Tutto cosi normalmente speciale.