Statte e il sogno (proibito) di una sanità territoriale pubblica. Nei giorni dedicati ai festeggiamenti per i trent’anni di autonomia comunale il bilancio è impietoso. Si era, e si continua ad essere, poco più che una borgata di Taranto
Qualcuno a Statte l’ha ribattezzato il poliambulatorio delle nebbie. Nel senso che non si vede pur vedendosi. Se ne coglie l’importanza nonostante l’assenza di servizi – e prestazioni – realmente eseguiti. Inaugurato negli scorsi anni, alla vigilia di non ricordo più ormai quale campagna elettorale, dall’allora direttore generale dell’Asl di Taranto, l’avvocato Rossi, dall’assessore regionale Pentassuglia, e dal sindaco di Statte Andrioli, il centro medico-assistenziale segna l’ennesima sconfitta di quel che ancora rimane della nostra sanità pubblica. Mai realmente partito, non ci sono medici specialisti da impegnare, l’enorme struttura è occupata dai soli medici di base. Aveva ragione Leo Longanesi, che non mi pare avesse mai messo piede nell’ex borgata di Taranto, nel sostenere che noi siamo il Paese che preferisce le inaugurazioni alle restaurazioni. Si lascino perdere poi le rivoluzioni: per quelle siamo negati per manifesta ipocrisia mista a ruffianeria dilagante. L’ortopedico. Il ginecologo. Il radiologo. Il dermatologo. L’oculista. Il pneumologo. Lo psicologo (figura, questa, di basilare importanza per la cura di nevrosi e nanismo intellettuale). Chi sono questi illustri sconosciuti? Per incontrarli, porre domande, farsi visitare, bisogna rivolgersi alle strutture private. Pagare di tasca propria, subito, bene, perché se si aspetta il Servizio Sanitario Nazionale campa cavallo che l’erba cresce. Eppure Statte rientra nell’area ad elevato rischio ambientale: assieme a Taranto, Crispiano, Massafra e Montemesola. L’inquinamento ambientale qui uccide più che altrove. La malattia se ne frega della carta d’identità. Le imprese funebri sono tra le poche a chiudere i bilanci con un segno positivo alla fine dell’anno. Eppure, dicevamo, si fa poco; se non niente. Il Comune, nonostante i trent’anni di autonomia amministrativa (che tristezza vedere le foto del dibattito, organizzato per l’occasione, con appena una decina di persone presenti: il numero è arrotondato per eccesso…) resta una borgata. La periferia nord della città capoluogo. Un luogo-dormitorio delle speranze mai sbocciate. Nel poliambulatorio delle nebbie anche le ombre faticano a farsi largo.