Fosse per la destra pugliese, anche se non potrà mai confermarlo in pubblico, le prossime elezioni Regionali potrebbero anche non tenersi più. Non essendo interessata alla vittoria, ma solo ai 21 consiglieri che la legge elettorale pugliese comunque le assegna, a che serve un tale dispiego di energie e risorse finanziarie? Povera democrazia
Non trova il candidato alla presidenza. Non lo cerca, ormai, neanche più di tanto. Considerata persa la partita per le prossime Regionali, il centrodestra rivolge lo sguardo altrove. Perdesse anche 90 a 10, per come è messa la legge elettorale pugliese, porterebbe comunque a casa i suoi 21 seggi contro i 29 della futura maggioranza. Fosse per loro, per l’inconsistente destra di casa nostra, poche cime e molte rape, le consultazioni del 23 e 24 novembre potrebbero tranquillamente non tenersi più. La lotta va condotta non più all’esterno, ma all’interno. Tra gli stessi partiti della coalizione, tra le fazioni che attraversano le medesime sigle politiche. L’avversario è in casa, no fuori. Non più per come si sono messe le cose.
Chi saranno i futuri 21 consiglieri che siederanno all’opposizione di Decaro nella prossima legislatura? Il tema è questo e solo questo. Il resto sono speculazioni utili a riempire i giornali, ad irretire i militanti, a gonfiare il vuoto pneumatico di un dibattito mortificante. Volato altrove da tempo. Una sorta di democrazia dei nominati in luogo di una democrazia comunitaria. Partecipata. La Puglia dei Gaetano Salvemini, dei Tommaso Fiore, degli Aldo Moro, dei Pinuccio Tatarella, per quel che concerne l’area riferibile alla destra storica, non esiste più. Ha vinto l’aritmetica (dei seggi) contro il fremito degli ideali. La fatica dello studio. L’irrequietezza del talento. Non ci resta che andare in masseria, come fa la premier ad agosto di ogni anno.


