Storia di un ambientalismo evaporato ed eco-impoltronito. Non desideroso di percorrere il Miglio Verde delle conquiste materiali condannate a morte pur d’inseguire gli ideali di un tempo. Marti, Lenti, tutto e il Contrario di tutto. C’è un raggio verde nell’oscurità della notte
Europa Verde, Taranto al verde. Nel senso di una cultura ambientalista andata, evaporata, se mai ce ne sia stata una. Persasi nei corridoi di Palazzo di Città. Con tasche divenute improvvisamente vuote di valori e ardore. Istituzionalizzata. Eco-impoltronita. I Verdi per Caso tengono famiglia come tutti. E non vogliono percorrere il Miglio Verde delle conquiste materiali (il gettone di presenza) condannate a morte pur d’inseguire ideali giovanili. La piazza, la protesta, il movimentismo, la salute da difendere, la fabbrica da chiudere. Espressioni del secolo scorso, come la ragazza raccontataci da Rossana Rossanda. Divenute insulse con l’incedere del tempo. Manifestazioni tardo-adolescenziali che mal si coniugano con lo status odierno di consigliere e assessore comunale.
Marti (che Verde – il Sole che ride non lo è mai stato), Contrario e Lenti prediligono il silenzio calcolato alle esternazioni scivolose, la presa di posizione afona alla possibile denuncia civile. All’Alta Marea della Taranto protestataria che fu, quella che sfilava per le vie del centro cittadino richiamando l’attenzione dei giornaloni nazionali, spartana e indulgente, desiderosa di vivere al di là delle malattie indotte, è subentrata una prassi bolsa del potere, la senilità del calcolo personale e personalistico. Melucci ha moderato i loro istinti, relegato nello scantinato dei comportamenti esibiti quel che resisteva dell’ideologia, anestetizzato il grido ribelle di chi diceva a parole di voler dare voce agli ultimi. Ai diversi. Ai compromessi. Alle minoranze sempre e comunque. Non sentirete più i nostri Verdi per Caso prendere posizione, proferire giudizi sullo scempio ambientale e sociale che continua imperterrito a riguardare l’ex Ilva. Munirsi di megafono e gridare i soprusi che si consumano, e consumano, la dignità presa a sassate di un popolo.
La fabbrica uccideva e ammalava prima del loro ingresso nella stanza dei bottoni, adesso non più. La città era sporca prima che “prendessero” i voti, adesso non più. Gli stadi del nuoto, preannunciati e mai realizzati, andavano denunciati prima che il processo d’imborghesimento potesse dirsi realizzato, adesso non più. Alla stregua del consumo di suolo avallato da Piani Regolatori che non regolano ma relegano. Delle municipalizzate da far fallire e mettere sul mercato. Del trasformismo divenuto unica bussola dell’agire quotidiano. C’è un prima e un dopo per i Verdi, i Verdi per Caso di questa storia tutta tarantina. Pericolante come certi destini individuali, deludente come certi amori rivelatisi finti. Con Marti passato dalle sagre di paese ai dossier sulla transizione ecologica, il futuro si tinge di verde. La teoria dei colori. Un raggio verde in grado di squarciare l’oscurità.