di Francesca Leoci
Uno studio multicentrico statunitense rivela tassi di successo dell’88% dopo due anni dal trapianto. Nuove prospettive per i pazienti adulti affetti dalla grave patologia ematologica
Una rivoluzione silenziosa sta prendendo forma nel campo delle malattie ematologiche. A ridefinire i confini della cura dell’anemia falciforme – una patologia che affligge milioni di persone nel mondo – è uno studio clinico statunitense pubblicato dal Gruppo NEJM (New England Journal of Medicine). La ricerca, apparsa sulle pagine dell’autorevole rivista scientifica il 25 febbraio 2025, presenta risultati che potrebbero rivoluzionare il trattamento di questa grave patologia attraverso il trapianto di midollo osseo da donatore parzialmente compatibile (aploidentico).
Lo studio
Lo studio multicentrico, condotto in 19 centri statunitensi e finanziato dai National Heart, Lung, and Blood Institute e National Cancer Institute, ha coinvolto 54 pazienti. Il cuore dello studio risiede in un innovativo protocollo di trapianto di midollo osseo da donatore parzialmente compatibile (aploidentico), che ha visto 42 pazienti sottoporsi alla procedura.
Il protocollo ha previsto una preparazione specifica con una combinazione di farmaci (globulina antitimocita, fludarabina, ciclofosfamide, tiotepa) e radioterapia total body. Per prevenire la GVHD (malattia del trapianto contro l’ospite), i ricercatori hanno utilizzato un regime profilattico basato su tre farmaci: ciclofosfamide post-trapianto, micofenolato mofetile e sirolimus.
I risultati
Con un follow-up medio di 37,2 mesi, è stata osservata una sopravvivenza libera da complicazioni dell’88% a due anni dal trapianto e una sopravvivenza globale del 95%”. Dati che assumono particolare rilevanza considerando l’età media dei pazienti di 22,8 anni (range 15,5-43,2 anni), una fascia tradizionalmente considerata ad alto rischio per questa procedura.
Tuttavia, tre pazienti hanno manifestato rigetto del trapianto, di cui due in fase precoce e uno tardivo. Le complicanze hanno incluso un tasso del 4,8% di GVHD acuta grave nei primi 100 giorni e del 22,4% di GVHD cronica entro due anni. Quattro pazienti sono deceduti durante lo studio, due dei quali per complicanze infettive nelle fasi iniziali post-trapianto.