I grandi gruppi editoriali fanno man bassa dei contributi governativi. In cambio, non disturbano il manovratore. Sono assai accomodanti verso la politica e specifici interessi economico-imprenditoriali. Servirebbe editori puri per invertire una tendenza storicamente iscritta nel giornalismo italiano
Nessun ricco editore di giornali ha difeso le proprie testate contro la ‘legge bavaglio’ approvata dal Governo Meloni, che riduce la libertà di stampa rendendo difficile divulgare informazioni su indagini penali, chiedendo invece più aiuti di Stato. Lo afferma Ivo Caizzi in un articolo pubblicato su ‘Senza Bavaglio’.
La Fieg, la Federazione Italiana Editori Giornali, ha chiesto di aumentare il fondo a sostegno dell’editoria, mentre l’attuale esecutivo intende investire una somma inferiore, dando il via a una protesta con vari articoli pubblicati sui quotidiani dei suoi associati.
Secondo quanto riportato da ‘Senza Bavaglio’ queste erogazioni pubbliche fanno sospettare di alcuni ‘inciuci’ tra Governo ed editori quando le loro testate celebrano influenti politici. In Italia i più grandi giornali sono controllati da proprietà con interessi in settori economici, come la famiglia Agnelli/Elkan che controllano Repubblica e la Stampa, che hanno portato avanti un accordo con la Commissione Europea e l’Europarlamento in cambio di articoli apprezzati a Bruxelles. Urbano Caio, mediante l’acquisto del Corriere della Sera, genera profitti milionari con forme discusse di pubblicità. Inoltre, ha ricevuto anche soldi dallo Stato, dall’Unione Europea e dalla Regione Liguria come fornitori di pezzi. Mentre la famiglia Monti possiede i giornali Resto del Carlino, Nazione Giorno ed esprime anche il presidente della Fieg Andrea Riffers.
Nel nostro paese sono pochi gli ‘editori puri’. “Perché ricchi padroni di organi d’informazione, che dovrebbero autofinanziarsi e far controllare dai loro giornali come il governo spende il denaro pubblico, meritano una fetta della torta?”. È la domanda che il giornalista Caizzi si pone.
Nè la Federazione Italiana Editori Giornali e né le associazioni che rappresentano i giornalisti non sono in grado di affrontare la grave crisi in cui da anni versa il settore, dove i grandi gruppi editoriali assorbono le risorse senza una giusta distribuzione con le piccole e medie realtà giornalistiche distribuite sul territorio. I ricchi editori, sovvenzionati dallo Stato, hanno decimato le redazioni sottopagando i giornalisti e sfruttando coloro che si avvicinano a questo mestiere, senza saper rilanciare i loro quotidiani con elementi di innovazione e di qualità nell’informazione.
Per ‘Senza Bavaglio’ è giunto il momento di non sprecare il denaro pubblico con gli editori ricchi, che non garantiscono ai cittadini un’informazione indipendente e di qualità, eliminando notizie e inchieste scomode sui potenti di riferimento.