“Il sindacato e noi come Regione siamo stati espliciti: personalmente ho fatto degli interventi in sede sindacale, sostenendo la tesi dei quattro DRI e dei quattro forni elettrici di cui uno decentrato a Genova”
“Noi stiamo discutendo di varie opzioni – afferma il governatore – dopodiché non sappiamo se il mercato le riceverà, o non le riceverà. Cioè se le considererà appetibili o non appetibili, il che ci mette in una situazione di incertezza che rasenta l’angoscia. Ecco perché probabilmente l’idea che emerge dalle posizioni sindacali, è definire innanzitutto quale può essere il soggetto anche temporaneo che dà certezza al governo di eseguire il piano industriale che stiamo studiando, senza il rischio che lo stesso soggetto, come è successo già in altre occasioni, ci dica a un certo punto “buona giornata, non mi interessa!”.
“È chiaro che un tavolo così porta le persone al manicomio: noi formuliamo delle ipotesi, poi queste ipotesi non trovano nel mercato risposta, ed è anche giusto che sia così.
Noi non sappiamo che tipo di bene abbiamo messo sul mercato e non diamo certezza a chi deve acquisirlo in margine a quello che abbiamo intenzione di fare. Cambiamo continuamente due elementi fondamentali della trattativa. Questa cosa non è più possibile.
È evidente che lo stabilimento, come noi pensiamo da sempre, ha una dimensione strategica rafforzata dalla contingenza politica anche internazionale, rispetto alla dichiarazione legislativa di strategicità dello stabilimento stesso: mi riferisco alla necessità di procedere ad investimenti sia infrastrutturali che legati alla Difesa, o altro, che il governo ovviamente conosce meglio di me. Probabilmente l’idea è di ristrutturare lo stabilimento secondo le necessità strategiche del Paese, con la certezza che questa ristrutturazione venga condivisa tra il governo e i lavoratori, e possibilmente anche con gli enti locali. Dico possibilmente perché la funzione degli enti locali non è tipicamente questa, è diversa. Può capitare che in un ambito di così grande importanza per il Paese gli enti locali dicano la propria, ma alla fine poi la decisione non può essere presa sulle esigenze del particolare e trascurare quelle dell’interesse generale.
La Regione Puglia è ferma al piano originario dei quattro DRI con i quattro forni elettrici, tre a Taranto e uno a Genova, che è la stessa identica posizione di tutti i sindacati. Una ipotesi di questo tipo ha due necessità: la prima è trovare il soggetto industriale che sia in grado di realizzarlo anche dal punto di vista economico-finanziario. Seconda: che ci siano le condizioni per fare in modo che questo progetto in tempi compatibili con la graduale gestione del problema occupazionale sia realizzabile.”
“Si parla in molti casi – aggiunge – in maniera impropria, di nazionalizzazione. Una nazionalizzazione in realtà già esiste: il governo già domina anche i diritti soggettivi di proprietà sulla fabbrica, direttamente o indirettamente.
Dunque che si fa per vendere la fabbrica? La vendi così come sta, col rischio che nessuno voglia acquisirla, o che qualcuno la acquisisca a condizioni capestro, sia per il prezzo che per il peso occupazionale? Oppure noi ristrutturiamo la fabbrica, la poniamo sul mercato al massimo del suo potenziale per ottenere il massimo del risultato economico, con tutela dei livelli occupazionali e della salute?
Noi siamo per questa seconda opzione. È un’occasione imperdibile. Attualmente i commissari vengono nominati dal governo e c’è la possibilità, sempre in modo temporaneo, di fare intervenire altri soggetti pubblici per la gestione della realizzazione di ciò che noi vogliamo fare dell’Ilva. Dunque lo stesso governo non può farsi dire dal mercato quello che l’Ilva deve essere: il governo deve decidere che tipo di Ilva è utile al Paese. E su questo punto stiamo gestendo una incertezza che è angosciosa.
Se il governo sostiene che il polo dell’acciaio italiano deve procedere alla decarbonizzazione nei tempi resi possibili dalla gestione anche della questione occupazionale, deve evidentemente prendere una decisione contando sulla lealtà degli enti locali, della Regione Puglia e di tutto il sindacato. Il sindacato e noi come Regione siamo stati espliciti: personalmente ho fatto degli interventi in sede sindacale, sostenendo la tesi dei quattro DRI e dei quattro forni elettrici di cui uno decentrato a Genova. L’ho detto e ci sono le registrazioni. Poi abbiamo trovato delle difficoltà sulla questione della nave rigassificatrice e ci siamo bloccati lì. Adesso sulla base di questa difficoltà grave, pesante, ma locale, noi stiamo ridefinendo tutta la strategia. A me sembra onestamente del tutto sbagliato ridefinire la strategia sulla base di una contingenza sia pure di grande importanza.”
“Chiariamo innanzitutto che cosa il governo vuole dal polo dell’acciaio di Taranto, poi definiamo quali sono le condizioni industriali per realizzare questo obiettivo, e infine stabiliamo se in maniera immediata questo obiettivo può essere realizzato ponendo il progetto assieme alla fabbrica immediatamente sul mercato, oppure se serve una fase di ristrutturazione che sia gestita dalla mano pubblica con i mezzi di cui disponiamo, che non sono vietati dall’Unione Europea. Non credo che Bruxelles ci stia aprendo una procedura di infrazione perché ci sono i commissari. Non credo che l’Unione Europea non comprenda che se ristrutturiamo la fabbrica secondo le nostre esigenze strategiche, anche militari (una parola che mi pesa pure da pronunciare), la collocazione sul mercato dell’azienda avverrà con una fabbrica già ristrutturata nel pieno rispetto dei diritti sindacali, della salute dei cittadini, e soprattutto della concordia e dell’armonia nazionale.”
“Questo è l’elemento fondamentale: se noi da domani, insistendo col piano che è stato presentato l’ultima volta in mia colpevole assenza, e me ne scuso, dovesse scatenare uno scontro sociale, mi chiedo quale azienda al mondo si verrebbe mai a ficcare in una storia del genere. È un fallimento annunciato.
“Un fallimento – conclude – che non vorrei ascrivere a nessuno, meno che mai al governo perché sarebbe un fallimento di tutti noi. La disponibilità della Regione Puglia ad accompagnare una procedura chiara e limpida è totale. Penso di poter parlare come Istituzione e non solo come singolo presidente: c’è la possibilità di dare una risposta generale convincente al Paese, al sistema industriale italiano, ai lavoratori e alla città di Taranto. Fermo restando che il governo, su alcuni aspetti sui quali non tutti sono d’accordo, può esercitare il suo punto di vista come gli spetta e come fa in moltissimi casi. Mica il governo ogni volta che un ente locale non è d’accordo si ferma, ci mancherebbe. Procede secondo il suo punto di vista e realizza la strategia che ritiene corretta.”


