L’Associazione Genitori tarantini denuncia le omissioni di stampa e sindacati sulla reale situazione dello stabilimento siderurgico. Sotto accusa il riavvio di AFO1 e la presenza di amianto negli impianti
“Nella quotidiana lotta per mantenersi a galla, baciare la mano di chi non puoi mordere sembra essere diventato lo sport nazionale”. Con queste parole l’Associazione Genitori tarantini apre una durissima critica verso sindacati e media, rei di non raccontare la verità sulla situazione dell’ex Ilva di Taranto. Secondo l’associazione, fatta eccezione per alcune “mosche bianche” come il sindacato LMO e Il Fatto Quotidiano, la maggior parte degli organi di informazione sta ignorando le criticità dello stabilimento, concentrandosi invece su temi come la salvezza del sito industriale e le ipotesi di nazionalizzazione.
Sul riavvio dell’altoforno AFO1 da parte del ministro Urso lo scorso ottobre, l’associazione dichiara che “niente è stato scritto sulle colpe del ministro, diretto responsabile, con il suo ditino che pigiava il tasto per il riavvio, di tale disastroso incidente”, ricordando che l’impianto avrebbe dovuto essere fermato “per raggiunti limiti di tempo oltre trenta anni fa”.
Viene inoltre denunciata la presenza di amianto negli impianti: “Cowper e tubiere sono ancora adesso coibentati in amianto, non essendo stata adempiuta la prescrizione del piano ambientale del 2017 che ne imponeva la rimozione totale”, sottolineano i Genitori tarantini. L’associazione critica anche il silenzio mediatico sull’azione inibitoria promossa da dieci adulti e un bambino di Taranto, con udienza al tribunale di Milano il 22 maggio, dove il presidente Angelo Mambriani ha rifiutato l’ennesimo rinvio richiesto da Acciaierie d’Italia e Ilva.
“I sindacati confederali sono colpevoli di continuare a negare quanto accade”, conclude l’associazione, accusandoli di mettere a rischio “la salute e la vita dei dipendenti” e di omettere informazioni sui livelli occupazionali, destinati a calare “inesorabilmente”.


