di Francesca Leoci
A livello globale, oltre un milione di persone ogni anno si toglie la vita, con un tasso di mortalità di 14,5 su 100.000 abitanti. L’Oms promuove conversazioni aperte e consapevolezza per abbattere il tabù e offrire supporto a chi ne ha bisogno
Da oltre 20 anni, il 10 settembre si celebra la Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, istituita a livello internazionale nel 2003 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità insieme alla Federazione Mondiale per la Salute Mentale.
Per il prossimo triennio 2024-2026, l’Oms ha scelto il tema “Cambiare la narrazione”, invitando tutta la popolazione a promuovere conversazioni responsabili sul suicidio, ancora troppo spesso un tabù. È fondamentale abbattere le barriere, creare maggiore consapevolezza e fornire sostegno a chi chiede aiuto, ma anche a chi resta in silenzio.
Secondo l’Oms, come riporta il sito Nurse24, i suicidi possono essere prevenuti con interventi tempestivi, basati su prove e spesso a basso costo, attraverso strategie complete e multisettoriali che possono rendere efficaci le risposte nazionali.
Il fenomeno è spesso legato a disturbi mentali come depressione e ansia, esperienze traumatiche, isolamento sociale e burnout emotivo, che possono aggravare il senso di disperazione. Ricordiamo il caso della donna a Taranto che, grazie al tempestivo intervento della polizia, è stata salvata dal tragico tentativo di lanciarsi nel vuoto. A giocare un ruolo significativo in questi casi, anche l’aspetto sociologico e culturale che, spesso, può impedire alle persone di cercare sostegno per paura di essere giudicate o stigmatizzate.
Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia si registrano ogni anno circa 4.000 morti per suicidio (3.870 solo nel 2021): il 77,2% sono uomini. A livello globale, sono invece oltre 700.000 le persone che muoiono per suicidio ogni anno, con un tasso di mortalità di 14,5 su 100.000 abitanti.
Una società più solidale e comprensiva rappresenterebbe la porta d’accesso ad una reale prevenzione al suicidio (definita come la terza causa di morte), che colpisce soprattutto i giovani fra i 15 e i 19 anni.
Secondo recenti dati epidemiologici, ci si suicida maggiormente nei paesi a basso e medio reddito, dove si consuma il 73% dei casi. In queste zone infatti può esserci una scarsità di risorse e di professionisti disponibili, rendendo difficile per le persone ottenere l’assistenza di cui hanno bisogno.
Ma il suicidio non causa conseguenze irreversibili solo alle vittime e alle persone vicine, m coinvolge anche la stessa società in un contesto di disagio collettivo, costretta a vivere un’importante sfida per la salute pubblica.
È quindi necessario intercettare le persone che hanno pensato di togliersi la vita o che ci hanno già provato, per offrire loro l’adeguato supporto e prevenire tragedie.