Intervista all’avvocato Nazario Nardella del Foro di Taranto, portavoce dei numerosi laboratori pugliesi all’interno della questione della ripartizione delle risorse
Dopo la segnalazione ufficiale dell’Antritrust a proposito della ripartizione delle risorse pubbliche all’interno della rete dei laboratori privati accreditati, che costituisce “una violazione delle norme di concorrenza e libero mercato” e la concomitante richiesta dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di comunicare entro 45 giorni le determinazioni assunte a riguardo, la Sottocommissione creata all’interno della Commissione Sanità ha espresso “la volontà politica di tutelare le realtà esistenti, nonostante la decisione da parte degli uffici regionali di non costituirsi in giudizio davanti alla Corte Costituzionale per difendere l’art. 23 della legge 30/2022, impugnato dal Governo“.
Una situazione complicata, insomma, che mette a rischio “il personale assunto” e “l’efficienza dei servizi”, avvantaggiando le strutture di carattere multinazionale che potrebbero “cannibalizzare” le strutture più piccole, ridotte “a meri punti di prelievo“.
Per fare luce su questa intricata vicenda abbiamo intervistato l’avvocato Nazario Nardella, incaricato da numerose strutture regionali di perorarne la causa.
Avvocato Nardella, perchè questa ripartizione avvantaggerebbe le multinazionali a scapito dei piccoli laboratori?
Nel settore dei laboratori è possibile scegliere tra due modelli di impresa: quello di rete A ovvero l’impresa in cui l’utente esegue il prelievo e ritira le analisi e quello di rete B, strutturato con un hub di raccolta che riceve tutti i prelievi effettuati nei centri di prelievo. Quest’ultimo è il modello preferito dalle multinazionali, specialmente nel Centro-Nord Italia, e presenta tutta una serie di risparmi economici su personale e strutture che influisce sulla dimostrazione delle propria capacità operativa.
Da dove nasce la segnalazione fatta all’Autorità Garante di Concorrenza e Mercato?
La Regione Puglia ha assegnato un tetto di spesa congelato che, solamente nel caso del modello B, prescinde dalla dimostrazione della propria capacità operativa. In parole povere, mentre i piccoli laboratori, per accedere alla ripartizione delle risorse, devono dimostrare la propria capacità operativa attraverso una scheda che assegna un punteggio per macchinari, attrezzatura ecc. questo non accade per le imprese appartenenti al modello B, a cui è assegnato un monte di spesa a prescindere e senza sostenere le spese tipiche del modello A (stipendio dipendenti, manutenzione macchinari ecc.), per cui questo vantaggio economico crea un’anomalia che distorce la concorrenza. L’Antitrust, peraltro, aveva già segnalato nel 2008 questo problema alla Regione Puglia.
Un’altra anomalia riguarda il raggiungimento delle 200.000 prestazioni, che per il modello A non è concesso raggiungere in rete bensì individualmente, diversamente da quanto previsto per il modello B.
Quali sono gli effetti di questa anomalia?
In Puglia il 95% delle strutture private convenzionate appartiene al modello A: è evidente che la penalizzazione derivante da questa ripartizione impatta pesantemente sul sistema economico del comparto sanitario, con ripercussioni su oltre 2.000 posti di lavoro e sulla qualità dei servizi resi.
Quali sono le posizioni della Regione in merito?
Questa situazione dimostra sicuramente uno scollamento tra il Dipartimento della Salute e il Consiglio regionale della Puglia, che si è sempre espresso contro questa ripartizione, a prescindere dall’appartenenza politica. Sembrerebbe che il Dipartimento, insomma, stia agendo per conto suo: un’altra anomalia che non riusciamo a spiegarci ma di cui prendiamo atto.