Le associazioni di categoria si sono confrontate, questa mattina, sulla questione del siderurgico tarantino per formulare delle proposte da presentare al primo cittadino e al Consiglio Comunale
Un’ampia convergenza su tutti gli aspetti legati al dossier Ex Ilva e la richiesta di un incontro, da tenersi a breve, con il Sindaco e il consiglio comunale di Taranto: è quanto scaturito a seguito del confronto, tenuto nella sede dell’associazione degli industriali, fra Confindustria Taranto, Confapi Taranto e Aigi, riunitesi, in quanto rappresentative dell’industria sul territorio, per esaminare la complessa questione ex Ilva, oggetto del tavolo in corso fra Governo, enti locali e sindacati.
Nel corso dell’incontro, presieduto da Salvatore Toma, Presidente di Confindustria Taranto, alla presenza del vicepresidente con delega alle grandi industrie Michele De Pace, del Presidente della sezione metalmeccanica e navalmeccanica Pasquale Di Napoli, del Presidente di Confapi Taranto Fabio Greco, accompagnato dal vice Oscar Carrisi, e del Presidente di Aigi Nicola Convertino, sono stati presi in esame tutti gli aspetti del complesso dossier.
Partendo dall’assunto comune e ampiamente condiviso dell’interesse strategico dello stabilimento siderurgico a livello nazionale e della necessità che lo stesso non rischi la chiusura bensì continui a produrre nel pieno rispetto della tutela ambientale e con livelli di produzione compatibili con i fabbisogni del sistema Paese, le parti hanno convenuto di sostenere le modalità e le tempistiche contenute nell’ultima bozza di Accordo di Programma formulata dal Mimit e inviata agli enti locali.
“Un documento che prevede, nella sostanza, l’adozione di tre forni elettrici e di altrettanti impianti Dri da allocare a Taranto – si legge nella nota – in un arco temporale di sette anni ed una produzione costante di sei milioni di tonnellate calibrata, nei sette anni, a seconda del numero di forni elettrici utilizzati (partendo da uno e arrivando, nel 2032, ai tre complessivi).
Un’ipotesi, questa, che le associazioni hanno ritenuto l’unica possibile non solo ai fini di una completa decarbonizzazione dello stabilimento ma anche l’unica percorribile in termini di ecosostenibilità ambientale ed allo stesso tempo sostenibilità dei costi. – Sottolineano – Il rischio, non lo dimentichiamo, è che sul territorio si inneschi una bomba sociale senza eguali, con 15mila addetti tagliati fuori dal ciclo produttivo e la desertificazione industriale del tessuto jonico nella sua interezza.”
Confidustria, Confapi Taranto e Aigi hanno individuato altri punti imprescindibili dell’Accordo di Programma che riguardano l’esigenza di conoscere le risorse, oltre quelle già individuate, attraverso le quali portare avanti il piano di decarbonizzazione nei 7-8 anni previsti; l’urgenza di avere contezza del Piano Industriale, e che includa un progetto industriale, sociale ed ambientale condiviso, “perchè Taranto – affermano – non può essere oggetto di una mera operazione di dismissione. La città ha bisogno di un nuovo modello industriale, in cui il territorio sia parte attiva, rispettata e coinvolta”.
Inoltre, ribadiscono la necessità di includere, nel bando di vendita in fase di aggiornamento, il cosiddetto “accordo di sito” che coinvolga l’indotto locale e che riconosca pertanto un elemento premiale a chi si impegna a impiegare le imprese dell’indotto locale, a tutela della continuità produttiva e occupazionale; e propongono che il bando preveda punteggio premiale per progetti di rigenerazione ambientale che interessino anche le aree adiacenti allo stabilimento, promuovendo una riqualificazione complessiva del territorio, con impatti positivi sulla salute pubblica, sul paesaggio e sulla qualità della vita dei cittadini.
“Da parte dei presenti, è stato inoltre posto più volte l’accento sulla necessità urgente e improrogabile che Taranto, attraverso una netta inversione di tendenza rispetto alla narrazione finora subita, – prosegue la nota – riprenda saldamente le redini delle sue potenzialità industriali e produttive, messe a dura prova dalla vertenza ex Ilva e, negli ultimi mesi, ulteriormente esacerbate da un’ondata antindustrialista che è tornata ad imperversare e che va a inficiare i progetti di diversificazione già in atto.
Una ripresa, in sostanza, – Concludono Confindustria, Confapi Taranto e Aigi – che possa tornare a fornire garanzie agli investitori e quindi sbloccare progetti in itinere sul territorio di Taranto, ai quali la complessa vicenda dell’acciaieria, con tutte le sue implicazioni e le sue complessità, sta imponendo il freno a mano.”


