di Marco Tarantino
La vera, inedita storia di Savicevic (quasi) in rossoblù e il suo gol da fantascienza in quel Taranto-Buducnost. Attraverso i retroscena e i dettagli del vero regista della vicenda: Vittorio Galigani
LA LAMPADINA mi si è accesa leggendo distrattamente un pezzo su Vasilije Adzic, 17enne talentino del Buducnost che la Juventus ha appena acquistato per tre milioni più due eventuali di bonus. La cifra, che per le follie di mercato imperanti fa quasi tenerezza, in Montenegro ha significato un record che da giorni urla sulle loro prime pagine: trattasi infatti della somma più alta mai spesa per un calciatore della (micro)nazione. Mi è parso strano, sicché ho fatto due compiti in croce; scoprendo che in effetti, tra le glorie locali, sia Mijatovic che Jovetic furono prelevati dal Partizan a costo zero; e così Vucinic dal Lecce. Non altrettanto, sottolineava l’articolista, Dejan Savicevic: che nel luglio ’88 passò dal Buducnost alla Stella Rossa per 400 milioni di vecchie lire. Con la Stella avrebbe vinto Coppa dei Campioni e Intercontinentale del ’91, arrivando secondo dietro Papin nella classifica del Pallone d’Oro per poi trasferirsi nel ‘92 al Milan (10 miliardi). La storia diventa recente e non occorre rinfrescare titoli (tre scudetti, una Champion’s) e magate che il favoloso Genio ha sciorinato in rossonero; peraltro, era stato proprio lui a segnare contro il Milan il vanificato 1-0 del 9 novembre ’88, prima che nebbia e politica portassero alla sospensione, alla ripetizione del match e al salvataggio dell’alba di Sacchi.
Tuttavia: quanti sanno che Savicevic era già stato acquistato dal Taranto per mezzo miliardo, e che solo un voltafaccia in Consiglio Federale avrebbe negato l’apertura allo straniero in B? Qualcuno. Forse più di qualcuno. Ma se cercate quel poco che affiora nel web, trovate notizie imprecise e una nebbia più fitta di quella pro Milan: specie in relazione al Taranto-Buducnost del febbraio ’88, un giovedì per incurabili innamorati e cronisti in servizio. Inutile cercarne i tabellini, ha scritto uno su un sito. Proprio inutile no, se da un antico smozzicato notes, riemerso dal Paleolitico in cui ero al ‘Corriere del Giorno’, è resuscitata una vicenda che (mi) svernicia gli anni e che merita di essere riepilogata dal suo vero artefice: Vittorio Galigani, che di quel Taranto era il diesse. Ho preso il telefono e gli ho immediatamente rotto le palle. Ne rammenta anche i millimetri.
VENIVA DATO PER CERTO, mi anticipa, che dalla stagione successiva sarebbe stato possibile ingaggiare uno straniero anche in B, purché under 21. Galigani ricevette la segnalazione da un procuratore. “Il 10 del Buducnost, mi disse il mio amico: Vittorio, roba da matti. Per la verità pure il 7 non era malissimo, eh: Pedrag Mijatovic, che col Real Madrid avrebbe vinto scudetti e Champion’s. Organizzammo l’amichevole per vederci chiaro e capirne di più, anche con mister Pasinato. I giocatori vanno visionati con gli occhi, alzando il culo e seguendoli dal vivo: altro che mignottate tipo sintesi e statistiche. Ma dato che hai pescato il coniglio dal cilindro degli annales, ora fallo ballare”. Eseguo, vecchio mio: a partire dal tabellino che non ci sarebbe, secondo gli internettisti. Mi fai salire sulla navicella del Tempo, il tempo di carta e penna, telefoni a gettoni, risate sempre in canna e occhi sempre sgranati per farci entrare tutta la meraviglia del mondo. Com’era, Vittorio? Avevo pochi anni \ e vent’anni sembran pochi. “Poi ti volti a guardarli e non li trovi più. Esatto”.
TARANTO: Goletti, Pazzini, Altamura; Chierici (86’ Renna), Tavarilli, Picci (85’ Lippo); Pernisco, Roselli (46’ Dalla Costa), De Vitis (46’ Paolucci), Donatelli (68’ Morisco), Mirabelli (80’ De Comite). Allenatore Pasinato.
BUDUCNOST: Lekovic, Petrovic, Stasisaslevjic; Calov, Vlahovic, Drobjakb; Bijatovic, Brnovic, Janovic, Savicevic, Mugosa. Allenatore Poklepovic.
ARBITRO: Telegrafo di Taranto
RETI: 6’ Janovic, 22’ Roselli,38’ Mirabelli,68’ Brnovic (rig.),90’ Janovic, 91’ Savicevic.
SPETTATORI: 765, per un incasso di 3 milioni e 825mila lire.
Sono emozionato, Vittorio. Non ne battevo uno dai tempi di Vittorio Pozzo.
IL BUDUCNOST vinse in rimonta la (briosa) partita segnando due dei suoi quattro gol nei minuti finali a un Taranto che, tanto per cambiare, aveva una salvezza a cui pensare (ce l’avrebbe fatta con un turno d’anticipo) e un derby da preparare (a Lecce). Una delle sue due reti l’avrebbe siglata Giorgio Roselli, arrivato dal Bari con Gridelli nell’affare Maiellaro (due miliardi e due) e a fine torneo capace di firmarne 10: gli stessi del malinconico De Vitis.
Ma il quarto gol. Il quarto gol del Dieci slavo.
Una cosa mai vista.
Anzi sì, in tivvù due anni prima: Maradona all’Inghilterra, partendo dalla sua metacampo e saltandoli tutti portiere incluso, per giunta con un paio di avversari aggrappati alla maglia come le zecche alle mormore.
Entrò in porta col pallone, il Genio, fintando su Goletti con una noncuranza quasi proterva.
Io e Nick Savino, in tribuna stampa, ci guardammo allibiti: e questo è nostro? Savicevic è veramente nostro? Lo era, conferma Galigani.
“Dovevamo sceglierne uno e con il mister non avemmo dubbi: Savicevic, se anche Mijatovic era evidentemente forte, però non come Dejan. Strinsi subito col loro presidente e firmammo il documento di opzione: mezzo miliardo”. Ammettilo: ti eri già venduto De Vitis all’Udinese e le casse erano piene. “Beh… Il piano di rinnovamento era generale. Totò ci portò un miliardo”. Senonché.
Senonché, Vittorio. “Il successivo Consiglio Federale, presidente Matarrese, decise di non decidere. La nostra opzione ovviamente divenne inutile. L’anno seguente io ero al Pescara e se ne riparlò, tanto che presi Mazinho: storia identica, anche stavolta invano, tanto che dovetti darlo al Lecce in comproprietà. Che vuoi che ti dica. Sognammo”.
Sognammo. Per un attimo. Meno di un attimo.
C’E’ UN POST SCRIPTUM, su un altro canale, e merita cornice. Un po’ più di un mese dopo, il 31 marzo dell’88, l’Italia giocò a Spalato un’amichevole contro la Jugoslavia. Era l’Italia di Vicini, di Zenga e Ferri, di Baresi e del giovane Maldini, di Donadoni, Mancini e Vialli. Proprio Gianluca ci portò in vantaggio dopo 10’, di nuca; ma alla fine del primo tempo il Genio sfregò dalla lampada un incantesimo che mise Baresi col culo per terra e la palla caramellata precisamente sulla testa di Jakovljevic, che non poteva sbagliare neanche bendato e infatti non sbagliò. La domenica seguente, sulla sua celebre rubrica, ‘Sette giorni di cattivi pensieri’, Gianni Mura scrisse: quel Savicevic, mi chiedo come sia possibile che nessun operatore del calcio italiano gli abbia messo gli occhi addosso. Vedo Vittorio sorridere attraverso lo smartphone, e non è una videochiamata. “Eravamo amici, io e Gianni. Non sapeva della faccenda. Gli telefonai. Una settimana dopo, sulla stessa rubrica, mi fece il dono di alcune righe”. E di un gran voto, ricordando com’era Mura: Galigani, 7. Spesso, scrisse Seneca, un piccolo dono produce grandi effetti. Vittorio tace, rincorre un pensiero, poi ce ne andiamo entrambi a riporre un tatuaggio tra le righe ingiallite della scatola magica.