di Vittorio Galigani
Per il Catania poco più di un allenamento allo Iacovone. Stefano Sturaro “apparso” padrone del centrocampo. Matteo Stoppa un “folletto” irraggiungibile. Roberto Inglese un extraterrestre. Per i padroni di casa uno spettacolo deprimente. Il Taranto, questo Taranto, non ha nulla da “spartire” con questa categoria. Un complesso di calciatori “immaturi” ed “obsoleti”. Incapaci di reggere la partita per più di trenta minuti
E’ l’anno del Benevento. Si mettano tutti il cuore in pace. La conferma è giunta da Trapani. Di fronte a un avversario “tosto”. In grado di confrontarsi a muso duro. Capace di mettere più volte in difficoltà l’undici di Gaetano Auteri. Il vantaggio momentaneo del “solito” Lescano (segna sempre lui!) aveva fatto illudere su una possibile riapertura delle ostilità. Sulla vittoria finale del campionato. Il “buon” Gaetano ha messo invece d’accordo tutti. Passato in svantaggio ha continuato a macinare gioco con il suo credo. Lanini, un altro da doppia cifra, il suo “braccio” armato. Andando prima a prendersi un rigore. Contestato quanto si vuole (!?!), ma concreto. Mettendo poi la “firma” su un gol d’autore. Dai sedici metri, sul limite dell’area avversaria, ha guardato in faccia Seculin e gli “messo” la sfera all’incrocio dei pali. Alla sua sinistra. Una esecuzione tanto imprendibile quanto bella. Ed è stato così che si sono sgonfiate le velleità di tutti.
Che dire del Trapani. Partiamo dal suo presidente Valerio Antonini. Un entusiasta. Vulcanico. Vincente. Impetuoso. Che però deve ancora “comprendere” tutte le dinamiche. Il Benevento non ha “rubato” nulla. Il Var non ci incastra nulla. L’arbitro, come tutti i fischietti di categoria, ha sì commesso degli errori, ma non ha inciso sul risultato. Il Trapani è un “complesso” di nomi. Il Benevento è più squadra. Come gioco. Come tattica. Come mentalità. Auteri, con tutti i suoi pregi e difetti, è un vincente. Aronica ancora no! Con una “piccola” chiosa finale. Partita che non si può vincere, non si deve neppure perdere…
Una considerazione che vale anche per il Cerignola. Protagonista di un campionato di grande prospetto. Però con dei “vuoti” mentali che le impediscono di diventarne una leader. La sconfitta di Taranto, l’esempio. La “manita” subita a Trapani, l’eccesso. I punti persi in casa, la conferma. Un allenatore ancora giovane e per questo, forse, serioso. Eccessivamente serioso. Seppure con delle qualità. La sua fortuna è di avere alle spalle una proprietà forte ed un direttore sportivo in grande crescita professionale.
Ininfluente, ai fini del primato in classifica, il risultato che scaturirà dal posticipo del lunedì (serale) tra Giugliano e Monopoli.
Otto sconfitte consecutive per la Turris che cade anche a Picerno. Un percorso “impossibile” per i campani. In campo e dietro le scrivanie. Inutile asserire che le diatribe dirigenziali non infieriscono sul rendimento della squadra. I “corallini” sono attesi da una settimana, da dentro o fuori, per il futuro immediato. Una serie di incontri, tra dirigenti nuovi, vecchi ed ipotetici, hanno portato al nulla di positivo per le “casse” del Club. Terza vittoria consecutiva del Picerno, tra le mura amiche. I rossoblu rialzano la testa. Emmanuele Esposito, consolidata “bandiera” dei lucani, si porta a quota 80 nelle realizzazioni con quella maglia.
Il ritorno di Brambilla sulla panchina della Juventus Next Generation riporta il sorriso tra i bianconeri. Sei punti in due partite. Risultato pieno, inaspettato, a Cava permette il sorpasso alla Turris. Sorprende, invece, il passo falso dei “blues” guidati da Maiuri che, nell’arrembaggio finale chiudono gli avversari nella loro area, ma sprecano l’impossibile.
Potenza stratosferico. Annichilisce il Latina con una sonora “manita”. Protagonisti Rosafio e Caturano. Lo svizzero “pennella” splendidamente, all’incrocio della porta avversaria, una punizione battura dal limite dell’area grande. Ennesima doppietta di Sasà Caturano (11 gol in stagione) che, per la sesta volta in carriera va in doppia cifra. Rossoblu lucani, con una crescita costante nei risultati, insidiano le avversarie per la seconda piazza. Premio alla collaborazione tra, il “delfino” della proprietà, Nicola Macchia ed il direttore sportivo Enzo De Vito.
Avellino di misura su Sorrento. Subendo, per lunghi tratti della partita, il ritorno degli ospiti che avrebbero meritato il pareggio. Tanti gli otto punti, di distacco, dalla capolista. Michele Pazienza al momento dell’esonero ne accusava nove. Sostanzialmente, con l’avvento del “pitone” non è cambiato nulla. Biancolino, anche lui, sembra soffrire la pressione della piazza. Una “fiammata” la striscia dei suoi risultati positivi e poco più. Anche a livello di gioco. Le ambizioni di primato, con il passare del tempo, si affievoliscono. Patierno, eterno sofferente fisico, ha smarrito la via del gol.
Per il Catania poco più di un allenamento allo Iacovone. Stefano Sturaro “apparso” padrone del centrocampo. Matteo Stoppa un “folletto” irraggiungibile. Roberto Inglese un extraterrestre. Per i padroni di casa uno spettacolo deprimente. Il Taranto, questo Taranto, non ha nulla da “spartire” con questa categoria. Un complesso di calciatori “immaturi” ed “obsoleti”. Incapaci di reggere la partita per più di trenta minuti. Protagonisti di errori macroscopici che mettono gli avversari nelle condizioni migliori per battere a rete.
Inutile il tentativo di chi, nelle responsabilità, vuole coinvolgere Michele Cazzarò. Reo soltanto di aver accettato la guida di un gruppo, di incapaci, per permettere, alla squadra della sua città, dopo le dimissioni di Gautieri, di poter quantomeno scendere in campo.
Sulle lungaggini stantie, riguardanti la cessione del Club, meglio stendere un velo pietoso. In attesa del prossimo 13 dicembre. Per quella data si potrà conoscere la reale consistenza patrimoniale del “gruppo” Campbell. Nel presente, si “galleggia” tra rinvii. Perdite di tempo. Incomprensioni. Proclami. Promesse. Retromarce.Qualcuno, nel frattempo, “azzarda” anche a un piano B.
Di pari passo avanza, sgradevole, la sensazione che, qualunque sia la soluzione, si stia passando dalla “pera” al “fico”.