Addio alle tassazioni scontate, con conseguenze immediate per le big del nostro campionato. Ma è davvero così che si tutela il Made in Italy del calcio? CosmoPolis vi spiega di cosa si tratta e come cambierà
Addio Decreto Crescita. Il calcio italiano gira forzatamente pagina e da oggi chiude definitivamente un periodo sportivo – economico che ha sotto certi versi consentito movimento tricolore di tornare competere con i massimi sistemi del pallone mondiale.
Le prime crepe, ben delineate, evidenti, sul muro del calcio tricolore erano apparse già a metà ottobre, quando il Consiglio dei Ministri, paventò la possibilità di operare un colpo di spugna alla norma che ammorbidisce la pressione fiscale sul pallone. Poi il dietro front, la parziale rinuncia sino ad oggi, con la rinnovata volontà dell’Esecutivo annullare gli sgravi fiscali per i calciatori in arrivo dall’estero già a partire dal prossimo mercato di gennaio, che avrà inizio il 2 gennaio.
Addio quindi al sogno Giurassy per il Milan e alla tentazione Hojbjerg per il Napoli di DeLa, ma occhio anche ai rinnovi milionari, che adesso, in alcuni casi non sono più così scontati. Le conseguenze per le big? Serie ed immediatamente riconducibili ai bilanci, nei quali non figureranno più quei “vantaggi fiscali” che sarebbero stati applicati anche per il prossimo anno.
Ma cos’è il Decreto Crescita? Entrato in vigore nel 2017, si tratta di un’agevolazione fiscale che consente ad un soggetto che dichiari un reddito alto e che si stabilisca, mediante lo spostamento della residenza sul territorio nazionale, di applicare a tutti i proventi derivante da fonte estera una tassa forfettaria di 100mila euro, per una durata temporale massima di quindici anni. In soldoni, tale provvedimento ha consentito alle società calcistiche ed ai calciatori ingenti risparmi, consentendo in alcuni casi una notevole riduzione delle imposte da versare nelle casse dello Stato, pari anche al 50%. Nello specifico, sino a ieri, i calciatori non residenti in Italia nei due anni precedenti l’acquisto, e che erano rimasti in Italia per almeno un biennio dopo l’acquisto, vedevano una tassazione sul lordo dell’ingaggio al 25% a fronte del canonico 45%.
Niente proroga, disattesa quindi la linea rossa del 29 febbraio, con quel che resta delle furono “Sette Sorelle”, gettate nel panico più totale. Lo pensa Furlani, lo ribadisce Lotito ma lo sanno bene anche gli americani del Tevere, i cinesi del Duomo ed il board della Vecchia Signora, che scendendo nei dettagli senza il Decreto Crescita, nella stagione 2023-24, avrebbero dovuto, complessivamente, versare ben 150 milioni di euro in più di tasse. Ma al di là del dato economico, immediato, e quindi più visibile, c’è da considerare la conseguenza di tale taglio, che inevitabilmente finirà con il rendere meno competitive le compagini del nostro paese, costrette a fare i conti con le agevolazioni fiscali vigenti in Francia, Olanda e Belgio, ma soprattutto con un sistema calcio, quello britannico, lontano anni luce dai nostri canoni.
Guai in vista quindi per le bigi di A, che dopo aver portato all’ombra del Colosseo Aouar e Ndicka, piuttosto che nella Città della Mole, Weah, oppure sotto il Duomo Thuram e Pavard, Pulisic, Loftus Cheek e Reijnders, convinte di poter usufruire delle agevolazioni fiscali, dovranno invece mettere mano al portafogli, adeguandosi alle nuove norme fiscali.