di Vittorio Galigani
La famosa riforma Mulé. Suggerita dall’onnipresente/invadente Lotito. Non ha fatto altro che acuire le tensioni. Una disperata corsa ad accaparrarsi poteri, pesi e poltrone in Consiglio Federale. Una volta l’autonomia sportiva era un principio intoccabile. Inattaccabile. Invalicabile. La politica (anche la Giustizia Ordinaria) doveva rimanere estranea all’autonomia dello Sport
Il Consiglio Federale di lunedì 28. Una proiezione sulla famosa assemblea del 4 novembre. Ha fatto comprendere, ancora una volta, che il tentativo di proteggere il proprio orticello non porta a nessun risultato concreto/positivo. La famosa riforma Mulé. Suggerita dall’onnipresente/invadente Lotito. Non ha fatto altro che acuire le tensioni. Una disperata corsa ad accaparrarsi poteri, pesi e poltrone in Consiglio Federale.
Una volta l’autonomia sportiva era un principio intoccabile. Inattaccabile. Invalicabile. La politica (anche la Giustizia Ordinaria) doveva rimanere estranea all’autonomia dello Sport. Triste ricordare i tempi in cui il TAR Catania si sovrapponeva alle decisioni federali. Che ordinava di cambiare i format. Con l’intento di promuovere squadre retrocesse. In barba a tutti quei principi che, all’atto dell’iscrizione, le società si impegnano a rispettare. Ed allora, proprio da quelle vicende, nacque una legge che salvaguardava l’autonomia. Che concedeva tempi ristretti e con il TAR del Lazio eletto a unico Giudice finale. Proprio per evitare che Giudici tifosi, territoriali, si intromettessero nel giudizio sportivo.
E di fronte a questo attuale/nuovo tentativo della politica. Di comprimere i diritti di una federazione. Le componenti del governo calcistico che fanno? Si compattano? Difendono la propria autonomia? Ma neppure per sogno! Mai sia! Litigano. Brigano. Non vogliono accettare le riforme.
Con un risultato. L’assemblea dell’imminente 4 novembre, quella che sostiene Gabriele Gravina a larghissima maggioranza, approverà la riforma dello Statuto. A qualcuno (vero Claudio?) verrà in mente di impugnare, di invocare il rispetto della legge. Il tentativo, ennesimo, di travalicare i sacrosanti diritti espressi dalla maggioranza. Continuate. Continuate pure a litigare. Ma poi, di fronte a realtà astruse, non vi lamentate. Eppure la Serie A, come peso elettorale, passerebbe dal 12 al 18%. Ma non va bene. Secondo quanto asserisce/pretende Mulè. Spinto dal magno Claudio. Almeno il 50% dovrebbe andare al settore professionistico e di questo il 30 alla Serie A. Una vera follia.
Sponda Consiglieri Federali. La Serie A da 3 a 4 rappresentanti. La B da 1 a 2. La Serie C, unica impoverita, da 3 a 2. Soltanto la Lega Dilettanti, il vero motore del calcio italiano, rimarrebbe al 34% con 6 consiglieri. Anche Aic (Associazione italiana calciatori) e Aiac (allenatori) rimarrebbero con le poltrone invariate. Come da regolamento.
E allora cosa si fa, secondo logica, per uscire da questo impatto negativo? Si rimane uniti e ci si ricompatta. Per carità! Mai sia. La Lega di A urla e strepita. Addirittura la Lega Pro tossisce. Senza comprendere. Senza riuscire a vedere al di là del proprio naso. Passare dal 17 al 12% è la conseguenza di una vergognosa emorragia. Negli anni costante/progressiva. Una volta, tra C1 e C2 si avevano iscritte anche più di 120 società. Oggi sono scese a 60. E pure malandate. Con più di una a rischio. Incapace di arrivare, rispettando le norme, a fine Campionato.
E Marani, fresco di elezione per acclamazione cosa fa? Getta benzina sul fuoco. Si isola. Dimostra di non aver compreso la gravità della situazione. Non si impegna in un tentativo, più che lecito, di far ragionare le proprie società. Con presunzione ha imboccato un percorso tortuoso. Pericolosamente senza ritorno.
E gli arbitri non sono da meno. Contestano. Nel tentativo, vano, di non perdere quell’inutile 2%. Si preparano ad una battaglia elettorale senza esclusione di colpi. Quando invece non sarebbe più utile programmarsi a come far crescere il livello attuale degli arbitraggi. O no?
Litigate, litigate. Fate pure muro contro muro. In conseguenza di tali comportamenti/atteggiamenti cosa si esporta? Un’immagine certamente non positiva del sistema calcio italiano. Ed allora Gravina, giudiziosamente, ha detto stop. Si andrà alla conta e la riforma passerà. Perché non esistono altre soluzioni.