Alla base della rivoluzione della Coppa ci deve necessariamente essere, come in Inghilterra, il sorteggio casuale e l’eliminazione delle teste di serie. Senza queste modifiche, è il solito Gattopardo
L’idea sembra essere talmente tanto buona, che sono quasi certo che alla fine non se ne farà nulla.
Provando ad essere più precisi, il progetto sarebbe stato scientificamente eccellente laddove chi schiaccia i bottoni, mosso da un improvviso e quantomai necessario slancio di onestà intellettuale, alla luce di quanto (male) prodotto negli ultimi 20 anni(*), si fosse limitato a prendere una matita, una gomma, ad aprire la pagina Wikipedia “FACup” e a copiare tutto. Se necessario, anche senza capire, proprio come durante i compiti di matematica al Liceo, rimanendo comunque fermamente convinto che la propria mente, nulla di meglio di quanto scritto dal compagno, avrebbe mai partorito. Cieca fede che rende felici.
Purtroppo però, come spesso accade l’ambizione supera di gran lunga il talento(**), che già di suo in questo caso non eccede né nella quantità e tantomeno nella misura, e quindi dopo una mattinata passata a crogiolarsi nei “finalmente” e nei “BelloIlModelloEffEiCapp”, nella speranza di vedere le piccole riacquistare dignità in un calcio che le calpesta senza soluzione di continuità, ma soprattutto a vagheggiare sulle favole Wrexham e Oxford immaginando stadi di subprovincia in festa per l’arrivo della Juventus, all’improvviso qualcosa, di non poco conto, inizia a non tornare.

Il modello, similinglese di cui parla De Siervo, pare avere infatti una spiccata inflessione italica.
Si perché, all’Amministratore Delegato della Lega Serie A, che sottolinea come: “Far giocare la squadra più grande nel campo di quella più piccola ha alcuni problemi: per esempio non si potrebbero usare goal line technology o VAR in alcuni stadi. Sarebbe più vicina agli anni ’80 che ai tempi moderni”, pare sia sfuggita la peculiarità della Coppa più antica del Mondo.
Parliamo di 700 squadre iscritte al preliminare, che poi si riducono al nastro di partenza ufficiale sino a poco più di 100, il cui sorteggio è totalmente casuale e non prevede teste di serie, con la possibilità quindi che lo United ne becchi tre in casa dallo York City, che Josè da Setubal cada contro il Bradford finendo con il dimettersi, ma anche che il Marine, ottava divisione inglese, attenda al Rossett Park, piccolo ma clamorosamente affascinante stadio da 3.100 posti, di cui meno di 400 a sedere, il Tottenham di Kane e Son, in una di quelle giornate che sono la via per il paradiso per gli appassionati del calcio di periferia.

Ecco, in quest’ultimo esempio c’è la vera essenza della riforma. A rendere davvero speciale una coppa che inizia ad interessare dai quarti di finale in poi, basterebbe garantire a chi vive di calcio popolare, di confrontarsi con gli inarrivabili, di potervi competere in qualche modo, di sognarsi grande per una settimana, o anche solo di ammirare un campione nel giardino di casa.
La ricetta, come quella della nonna va solo copiata, niente aggiunte, niente invenzioni esotiche.
La FA Cup funziona che è uno spettacolo. La pizza con l’Ananas, per quanto innovativa, fa cagare.
*La Supercoppa del 2003 giocata in Libia segna senza dubbio alcuno il momento in cui la pornografia calcistica si trasforma in deviazione.
**Cit. George Jung/Boston George, Blow, 2001, USA, Drammatico, 125’.