“Nessuno degli impegni è stato mantenuto e c’è un silenzio assordante sul futuro da parte di chi aveva delineato la decarbonizzazione”
A 5 anni dall’accordo del 2018 tra Arcelor Mittal e Invitalia per il rilancio dell’ex Ilva, il Segretario Generale della UIlm, Rocco Palombella, torna a parlare di “eutanasia programmata” a cui è stato condannato il siderurgico di Taranto.
“Un sogno infranto al quale tutti avevamo creduto. Nessuno degli impegni è stato mantenuto e c’è un silenzio assordante sul futuro da parte di chi, come i governi che si sono succeduti, aveva delineato la decarbonizzazione della produzione, un forno elettrico e promesso un piano industriale, una risalita produttiva, l’assorbimento di tutti i lavoratori e la stabilizzazione del sistema degli appalti diversificazione produttiva”. Queste le parole del Segretario Uilm rilasciate in un’intervista all’Adnkronos.
Palombella sottolinea come tra poco più di un anno, dei tre altoforni attualmente attivi, ne resterà soltanto uno che potrà produrre solo 1,7 milioni di tonnellate di ghisa rendendo insostenibile il mantenimento produttivo del gruppo.
“Sono al momento potenzialmente in esercizio tre altoforni. L’1 e il 2 sono prossimi al ‘fine vita’ e possono restare in esercizio fino alla fine del 2024 poi stop mentre il numero 4, dopo il cambio del crogiolo, ha una possibilità di vita di massimo 4-5 anni. Questo significa che all’inizio del 2025 resterà un solo altoforno, il numero 4, considerato che per costruire l’altoforno 5 e i due elettrici previsti dall’accordo servirebbero non meno di due anni. – Sottolinea – La produzione allora scenderà a 1,7 mln di tonnellate di ghisa che rende insostenibile ogni progetto di rilancio del gruppo siderurgico”

Per il Segretario generale Uilm “siamo in una situazione drammatica, una data, quella di oggi, che doveva essere memorabile per aver ammodernato la siderurgia italiana e riavviato finalmente una frase di decarbonizzazione e di risanamento ambientale si trasforma invece in una giornata di lutto”. Inoltre, sottolinea all’Adnkronos, che se nessuno interverrà non ci sarà nessuna possibilità di un mantenimento produttivo e della salvaguardia dei posti di lavoro.
Palombella denuncia anche il silenzio che avvolge la vicende del siderurgico tarantino. “Tutto tace, la parola d’ordine sembra essere ‘bocche cucite’, nessuno che abbia il coraggio di parlare. Solo il ministro Urso che voleva fare tutto, anche un accordo di programma per Taranto ma che non ha mai presentato neppure uno straccio di piano industriale per il sito dice, in qualche convegno, che il problema dell’ex Ilva è stato risolto“.
Secondo l’esponente sindacale, questo atteggiamento nasconde la volontà di non voler salire in maggioranza da parte dell’esecutivo. “Il governo ritiene che il processo di privatizzazione a metà, perché la vendita non c’è mai stata, sia un problema talmente grande che l’unico che possa gestirlo è il gruppo Mittal. L’esecutivo infatti non è in grado di assumersi questa responsabilità e continua quindi a dare credito ad un gruppo industriale che non ha mostrato, in nessuna occasione mai, la volontà di continuare ad investire.
Conclude Rocco Palombella – Non ha nessun’altra alternativa: ci sarebbero 10.000 argomentazioni per liberarsi di ArcelorMittal ma non vuole andare ad un contenzioso: teme le migliaia e migliaia di posti di lavoro persi che renderebbe esplosiva la questione dell’ex Ilva, quindi, bene o male, con questo gruppo finisce per sentirsi più tranquillo. Ma fino a quando? Ancora 2-3 anni, in un’ottica di breve periodo, si assicurano una pace sociale. Ma un paese – si chiede sconsolato Palombella – può andare avanti in queste condizioni. Che peccato”.