Intervista ad Antonio Lenoci, presidente del consorzio MedEsperia. “Siamo stanchi di essere ospiti in casa nostra. Per i Giochi del Mediterraneo il tessuto produttivo locale non deve farsi trovare impreparato”
Presidente Lenoci, perche assieme ad altri suoi colleghi imprenditori avete fatto nascere il consorzio MedEsperia?“
Le aziende hanno bisogno di unirsi se vogliono contare di più. Di ripensarsi a fondo. Solo restando uniti potremo governare la modernità. Da soli, invece, diventa impervia la strada della diversificazione economica e dei nuovi mercati internazionali ai quali guardare. Serve compiere un salto di qualità sui temi della cultura d’impresa. Serve un’innovazione di progetto e non solo di prodotto. Un nuovo patto che noi produttori dovremmo sottoscrivere”.
Nella sua veste di presidente di MedEsperia, quali ritiene essere i comparti produttivi da osservare e, magari, intercettare?“
Non ci poniamo limiti. L’edilizia, il petrol-chimico, la sostenibilità ambientale, le infrastrutture: sono tutti ambiti con i quali il consorzio dovrà misurarsi sempre più nel prossimo futuro. Abbiamo esperienza e conoscenze per poter affrontare, e vincere, sfide nuove e avvincenti”.
Quante sono le imprese che compongono il consorzio?“
Ad oggi sono sei, tutte legate al territorio tarantino. Ma altre quattro hanno già presentato domanda di adesione. E altre ancora procederanno nella stessa direzione. Crediamo che questi numeri siano destinati a crescere in un arco temporale non troppo lungo”.
MedEsperia è costituita da realtà aziendali che aderiscono ad Aigi?
“Si, ma questo non rappresenta affatto un discrimine. Siamo aperti a contributi, e adesioni, che dovessero sopraggiungere anche da ambiti diversi. Da imprese non identificabili nel solo perimetro associativo di Aigi”.
Il consorzio si candiderà per la realizzazioni di opere legate ai Giochi del Mediterraneo?
“Una delle ragioni che ci ha spinto a far nascere MedEperia è propria questa. Un evento così importante, dalla valenza internazionale, deve far trovare pronto, reattivo il tessuto produttivo locale. Non vogliamo continuare a perpetrare un vecchio andazzo. Quello di essere ospiti in casa nostra”.
La spesa in conto capitale, quella per gli investimenti, vede il Mezzogiorno in grave ritardo rispetto al resto del Paese? Le risorse messe in circolo dai privati potrebbero invertire questo trend?
“Gli investimenti, tanto quelli pubblici quanto quelli privati, aumentano la ricchezza mediamente espressa dai territori di riferimento. Non c’è crescita diseguale quando la qualità della vita finisce con il riguardare tutti. La ‘Questione Meridionale’ non è tanto legata alla quantità delle risorse destinate alle nostre aree. Riguarda semmai i progetti, le innovazioni, la ricerca da sostenere e finanziare”.
La scuola e le imprese sono mondi destinati a non comunicare abbastanza tra di loro. Servirebbero Tecnopoli in grado di saldare realtà ancora troppo distanti. Teoria e prassi continuano a guardarsi in cagnesco.
“Bella considerazione. Lei tocca un nervo scoperto del nostro sistema educativo ed economico. Quanto servirebbe giovani formati che restano nelle nostre aziende invece che emigrare altrove. Quante posizione potremmo scalare tutti assieme, abbattendo anche i livelli di disoccupazione giovanile. Peccato che il dibattito pubblico sembri essere poco interessato a questi temi”.