di Vittorio Galigani
Senza stadio. Senza patron. Senza allenatore e, fra poco, anche senza giocatori. Purtroppo questi ultimi hanno attivato la famosa procedura della messa in mora. Con scarso senso di responsabilità. Visti i risultati sin qui ottenuti. Ma, come si usa dire, denaro non olet!
Un anno da dimenticare, per il “povero” Taranto. Non resta allora che aspettare un cavaliere bianco (ove mai esistesse!). Un soggetto che, per magia, riesca a risolvere tutti i problemi. Certo. Perché la tradizione sportiva del Taranto e della città, meritavano un epilogo migliore. Lo stadio che non c’è più. Con esso il patron Giove che dichiara di voler abbandonare la nave. Senza una programmazione chiara. Senza impianti. Niente incassi al botteghino e, a cascata, senza sponsor decenti. Così il club non può andare lontano.
In questa previsione era necessario chiedere un aiuto alle istituzioni (i minuscola). A partire dal Coni che “ha preteso” la ristrutturazione dello stadio Iacovone (reso inagibile) per i Giochi del Mediterraneo. Ma anche il Comune poteva deliberare un aiuto. Una esenzione dai debiti. In fondo il calcio è fatto per gli elettori… Per di più il “danno”, certo quel danno, causato alla curva sud dello Iacovone. Tutto trae origine dalla decisione (assurda) di stoccare in quel settore del materiale infiammabile. Una firma “partita” da Palazzo di città. Se le responsabilità fossero state della Società il Comune si sarebbe rivalso sul Taranto. Perché non è stato percorribile il percorso inverso?
Che dire. Un tema, quello del “risarcimento” al Taranto, affatto sorretto, nei Palazzi romani, dai rappresentanti politici del territorio. Nel doveroso rispetto della tradizione sportiva (e non solo) di una città che conta oltre 200 mila abitanti, senza il contorno della Provincia. La sollecitazione di una interpellanza parlamentare che ove si fosse riusciti a portare in Consiglio Federale, avrebbe probabilmente soddisfatto le aspettative. Superando tutti gli ostacoli normativi, proprio in considerazione della straordinarietà dell’evento. Ma a Taranto si è bravi più nel dire che nel fare!
Si poteva ovviare con qualcosa di straordinario. Con un eventuale premio per le società in difficoltà. Una parvenza di regolarità ad un campionato monco. Perché gli eventi dell’attuale dimostrano che lo è quello della Lega Pro. Fra Club penalizzati. Procedure di messe in mora per compensi non pagati. Con giocatori e allenatori in fuga.
L’abbiamo già scritto. Gravina sa che questa volta deve affrontare il problema della terza serie. In maniera decisa e drastica. Sono problemi che poteva risolvere anche il presidente Marani (sempre con la p minuscola). Che rimane sempre un bravo giornalista. Che al contempo, però, non è certamente un manager. Incapace di gestire, al meglio, il variegato sistema della Lega Pro. Di affrontare e risolvere gli eventi straordinari. L’eventuale contributo per mancati incassi da gara e ricavi di diversa natura, riconosciuto a una sua “associata” (il Taranto), per guai ingenti provocati dai tifosi di una consorella (il Foggia). Non avrebbe fatto gridare allo scandalo. Anzi.
Nel contesto poteva essere d’aiuto anche l’esperienza di Paolo Bedin, allora direttore generale il Lega Pro. Poi “scappato” per andare a prendersi la poltrona presidenziale della serie B. Istituzioni di categoria e dirigenti “mascheratisi” tutti dietro un “pilatesco” impedimento. Ed allora è imprescindibile dar via alle riforme del format. Con B2 e dilettantismo per questa terza serie con scarsa credibilità, senza soldi e priva di sostenibilità…
Un campionato che non è equo. Finirà con l’essere una competizione senza regolarità. Perché i deferimenti fioccano, uno tira l’altro come le ciliege, per le inadempienze di troppi. In tutti i gironi. A perdere di credibilità, conseguentemente, sarà tutto il sistema calcio nazionale. Non solo la Lega Pro.
Ed è a questo proposito che la Lega Pro aveva bisogno di ben altro “polso” e guida e riforme piuttosto che essere “comandata” da un giornalista. Un bel commissario per gestire la modifica del format. Con coraggio e determinazione. E’ l’unica soluzione e il Consiglio Federale può decidere qualsiasi rimedio.
Ma torniamo al “povero” Taranto. Senza stadio. Senza patron. Senza allenatore e, fra poco, anche senza giocatori. Purtroppo questi ultimi hanno attivato la famosa procedura della messa in mora. Con scarso senso di responsabilità. Visti i risultati sin qui ottenuti. Ma, come si usa dire, denaro non olet!
Un meccanismo, la messa in mora, che prevede, senza il pagamento degli stipendi, lo svincolo d’ufficio. Con la possibilità di accasarsi in altra compagine. Perdere il patrimonio dei giocatori, seppure poco appetibili, sarebbe l’ultimo colpo prima della retrocessione. Inevitabile. All’orizzonte, per di più, vi è una nuova penalizzazione. Di ulteriori sei punti.
E’ poi certo che non può “recitare” il ruolo da cavaliere bianco Mark Campbell. Che ogni tanto riappare. Dopo aver bucato, a più riprese, fideiussione e stipendi. Il tutto accompagnato da personaggi che cercano ancora di “dipingergli” addosso credibilità.
Il riferimento è alla procedura per fallimento. Oggi si chiama liquidazione giudiziale. Che è ancora pendente innanzi al Tribunale di Taranto. La prossima udienza è fissata per il 14 Gennaio ore 10.30. Fra pochi giorni quindi. Dinanzi al Presidente del Tribunale Fallimentare dottor Italo Federici. Non è dato sapere se Giove, Campbell, o chi per loro, abbiano sistemato il creditore istante. Che, peraltro, ha già sequestrato i crediti anche presso la Lega Pro.
Sussiste un problema, al proposito. Una società, che ha come scopo sociale l’attività calcistica, ma da segnali poco rassicuranti sulla sostenibilità. Che non ha giocatori. Con un patrimonio netto negativo, è praticamente “pronta” per essere dichiarata fallita. Con buona pace per tutti. Difficile ipotizzare che qualcuno voglia poi accollarsi almeno il debito sportivo. O un esercizio provvisorio. Per una società comunque destinata, in considerazione delle norme, a disputare il campionato d’Eccellenza.
E allora è il caso di porre rimedio alla crisi. Con urgenza immediata. Senza attendere quell’udienza. Cercando di pensarci prima. Almeno per una volta. Gli strumenti ci sarebbero. Meglio ancora, ci sono! Il Taranto non merita una fine così ingloriosa.